domenica 25 marzo 2012

NEUROSCIENZE E NEUROENDOCRINOLOGIA



L'accertamento della natura chimica della trasmissione nervosa, aveva indotto ad equiparare, dal punto di vista funzionale, i neuroni alle cellule endocrine. L'attività del sistema nervoso si svolgerebbe, in sostanza, con meccanismi di trasporto e trasduzione dell'informazione analoghi a quelli usati dal sistema endocrino. A quest'ultimo sistema, peraltro, l'organizzazione nervosa è accomunabile per le funzioni di integrazione e regolazione delle attività dei diversi apparati organici che entrambi svolgono. Queste sorprendenti analogie portarono, intorno agli anni '30, ad una crescente convinzione dell'esistenza di precise relazioni tra sistema endocrino e sistema nervoso. Ma attraverso quali meccanismi si realizzanno tali interazioni e quali sono le basi anatomiche e fisiologiche di questa "superorganizzazione" funzionale? La lunga e complessa ricerca su tali questioni doveva condurre, sul finire degli anni cinquanta, alla definizione di un'idea che ha di fatto rivoluzionato la neurobiologia e messo in discussione alcune delle sue più incrollabili certezze: il concetto di neurosecrezione.
La prima idea dell'esistenza di un'attività neurosecretoria diversa da quella localizzata a livello sinaptico venne suggerita nel 1928 dalle ricerche di Ernst Scharrer, sulla base dell'osservazione della presenza di grandi neuroni fortemente vascolarizzati e dotati di granuli secretori nell'ipotalamo di alcuni pesci teleostei.[1] Tali evidenze morfologiche furono ulteriormente sostanziate da indagini su altri animali, uomo compreso, e da osservazioni citologiche che testimoniavano la sostanziale identità tra gli organelli intracellulari individuati da Scharrer e quelli già dimostrati nelle cellule endocrine non nervose. Questi studi, inoltre, avevano dimostrato che il materiale secretorio prodotto da questi "neuroni gigantocellulari", localizzati nei nuclei sopraottico e paraventricolare dell'ipotalamo dei Mammiferi, è presente nelle fibre assoniche che conducono al lobo posteriore dell'ipofisi.[2] Soltanto nel 1951-52, tuttavia, W. Hild[3] e W.A. Stotler[4] riuscirono a specificare, rispettivamente sulle rane e sui gatti, l'esistenza e la direzione di un flusso assonico in queste fibre, dimostrando definitivamente che gli ormoni rilasciati dalla neuroipofisi, ossitocina e vasopressina sono elaborati a livello ipotalamico dai neuroni gigantocellulari.
Queste evidenze furono certo fondamentali per lo sviluppo del concetto di neurosecrezione e per la comprensione delle funzioni endocrine svolte dal sistema nervoso, ma non ponevano realmente in evidenza le interazioni e le integrazioni tra il controllo organico operato in via ormonale e quello realizzato in via nervosa. I prodotti rilasciati dai neuroni gigantocellulari dell'ipotalamo, infatti, agiscono in via diretta sugli organi bersaglio come qualunque altro ormone effettore del sistema endocrino.
Diverso è il caso dell'interazione tra sistema nervoso centrale, adenoipofisi e ghiandole periferiche in atto nel controllo di alcune funzioni fisiologiche come, ad esempio, la riproduzione. Il sistema riproduttivo, infatti, come dimostrò F.H. Marshall nel 1936, è soggetto, in special modo sotto l'aspetto della periodicità, all'influenza dei fattori ambientali, cioè a dire, da informazioni recettoriali che afferiscono al sistema nervoso centrale e da esso vengono elaborate.[5] Un'interazione triangolare tra ipotalamo, ipofisi e gonadi, era già stata, peraltro, ipotizzata nel 1932 da Walter Holweg e Karl Junkmann. Essi avevano evidenziato che una lesione ipotalamica nei cani, eseguita senza danneggiare l'ipofisi, poteva condurre ad un'atrofia genitale.[6] Nel 1937, l'endocrinologo inglese Geoffrey Wingfield Harris riesce ad indurre l'ovulazione nelle femmine di ratto, un fenomeno che normalmente si dà soltanto al momento del coito, attraverso la stimolazione elettrica dell'ipotalamo e dell'ipofisi.[7]
Il problema che si poneva ora ai ricercatori era quello dell'individuazione dei meccanismi con i quali si esercita l'interazione tra ipotalamo e ipofisi anteriore. Era apparso subito improbabile, data l'assenza di fibre nervose all'interno dell'adenoipofisi, che essi si realizzassero a livello nervoso. Era stata dimostrata, invece, nel 1933 la presenza di un letto vascolare venoso tra ipotalamo e adenoipofisi lungo l'infundibolo ipofisario[8] con un flusso diretto dalla prima alla seconda di queste strutture:[9] il sistema portale ipotalamo-ipofisario. L'importanza di questo sistema, tuttavia, venne intuita solo dieci anni più tardi da John Davis Green e Geoffrey Harris, i quali avevano eseguito studi dettagliati di questo distretto su vari Mammiferi. Essi furono i primi a suggerire che le funzioni adenoipofisarie potessero essere regolate dal sistema nervoso centrale «attraverso fattori umorali rilasciati lungo il sistema portale ipofisario».[10] Tale idea, pertanto, complicava ulteriormente la gerarchia dell'organizzazione endocrina, situando a livello centrale una nuova stazione dominante di controllo a retroazione.
La teoria di Green ed Harris, inoltre, si rivelò in breve corretta. Nel 1955, infatti, Murray Saffran, Andrew Schally e B.J. Benfey, dimostravano sperimentalmente l'esistenza del primo fattore di controllo ipotalamico, il releasing factor - questo fu il nome che essi diedero ai fattori umorali ipotizzati da Green e Harris - della corticotropina.[11] Ciò scatenò in molti laboratori la caccia ai releasing factors relativi agli altri ormoni adenoipofisari. L'esistenza del fattore di liberazione dell'ormone luteinizzante viene provata nel 1960 da S.M. McCann, S. Taleisnik e Friedmann, la sua struttura fu determinata nel 1971 da Schally. La presenza del fattore di rilascio della tireotropina fu dimostrata nel 1961da V. Schreiber e collaboratori. Schally, in seguito, riuscì ad isolare e sintetizzare tale ormone, rispettivamente nel 1966 e nel 1969. Nel giro di pochi anni, in tal modo, venne provata conclusivamente l'esistenza di un fattore di rilascio ipotalamico di natura peptidica (i peptidi sono macromolecole costituite da un numero limitato di aminoacidi) per ogni ormone dell'ipofisi anteriore, ma fu scoperta anche la presenza di prodotti ipotalamici con azione inibente la secrezione di quattro ormoni di tale ghiandola: la prolattina, l'ormone della crescita, la tireotropina e la melanotropina.
Agli inizi degli anni '70, dunque, era già disponibile un dettaglio piuttosto ricco di conoscenze sui meccanismi con cui il sistema nervoso centrale presiede alle funzioni endocrine. Meno precisa, invece, era la comprensione delle influenze esercitate sul sistema nervoso centrale dagli ormoni secreti nel sangue, che in tali funzioni vengono anche definiti neuromodulatori. La ricerca in questo campo, tuttavia, ha subito da allora uno sviluppo rapidissimo. Numerose, infatti, sono oggi le azioni ormonali sul sistema nervoso sperimentalmente accertate. Si conosce ad esempio, piuttosto specificamente, il controllo esercitato dalle gonadi sullo sviluppo del sistema nervoso, sulla sua caratterizzazione sessuale e sui comportamenti riproduttivi da esso mediati, il ruolo dell'insulina nel comportamento alimentare; quello dell'angiotensina nella regolazione della sete, l'influenza dei corticosteroidi sulle funzioni delle strutture cerebrali responsabili dei comportamenti emotivi e l'azione degli ormoni tiroidei sulla maturazione del sistema nervoso centrale. L'accertamento sperimentale dell'esistenza di recettori cerebrali per alcuni di tali ormoni ha già permesso di comprendere queste azioni in termini estremamente analitici.
Ancora più recentemente sono emerse, invece, le azioni neurotrope degli ormoni liberati dall'ipofisi ghiandolare. Tali azioni, che sembrano svolgersi per vie diverse da quella ematica, probabilmente attraverso il liquor cerebrospinale e i liquidi pericellulari, riguardano, in alcuni casi, le funzioni più complesse del sistema nervoso. Per esempio, Rigter e Crabbe hanno dimostrato che la corticotropina è un mediatore importante nei processi mnestici e di apprendimento,[12] mentre De Wied ha chiarito il ruolo di tale ormone nell'organizzazione dei comportamenti d'emergenza e nello stress.[13]
Rispetto a questi dati, tuttavia, maggiore portata teorica hanno, a nostro avviso, le nuove evidenze sulla modulazione dell'attività del sistema nervoso esercitata dalle sostanze peptidiche della neurosecrezione. Negli ultimi quindici anni, esse si sono andate accumulando con un ritmo esponenziale. Sono oggi noti, in alcune loro azioni centrali e periferiche, 40-50 neuropeptidi e si pensa che ve ne siano almeno altrettanti da scoprire. L'esplosione delle conoscenze su questa famiglia di agenti chimici del cervello ha, non solo, sconvolto il quadro teorico di riferimento delle neuroscienze, ma ha avuto, anche un notevole impatto su gravi problematiche socio-sanitarie. È il caso della scoperta delle endorfine, neuropeptidi con una struttura molecolare molto simile alla morfina, implicati nella modulazione del dolore e del tono emotivo, con le quali si stanno oggi indagando i meccanismi cerebrali della dipendenza alle droghe e dalle quali si tenta di trarre terapie efficaci per il recupero e la disintossicazione dei tossicodipendenti. Le endorfine sono state isolate e descritte nella loro struttura chimica da John Hughes e Hans W. Koesterlitz dell'università scozzese Aberdeen nel 1975,[14] sulla base della dimostrazione dell'esistenza di recettori cerebrali per sostanze morfino-simili fatta da Candace B. Pert e Solomon H. Snyder nel 1973.[15]
Due dimostrazioni ormai "datate" (la velocità con cui cresce la conoscenza in tale settore di ricerca fa diventare vecchie le indagini dopo pochi mesi), invece, possono chiarire dove risieda il significato rivoluzionario dei dati sui neuropeptidi. La prima è quella dell'azione di rinforzo della vasopressina sulla memorizzazione ed il ruolo dell'ossitocina nell'organizzazione dei comportamenti materni negli animali. La seconda è quella dell'identificazione della corrispondenza funzionale tra ruolo neurotropico e ruolo di controllo del sistema endocrino dei releasing factors. Ad esempio, il ruolo neurotropico dell'ormone di rilascio per la tireotropina si esplica a livello centrale in una serie di influenze attivatorie: aumento dell'attività motoria, aumento della vigilanza e del tono dell'umore. Ciò corrisponde alle funzioni di tale ormone nell'organizzazione endocrina, dove stimola la sintesi e la secrezione della tireotropina da parte della pituitaria e produce, in via periferica, il rilascio di ormoni tiroidei e l'attivazione metabolica generale. Tali attività neurotrope e tali corrispondenze funzionali suggeriscono, allora, che l'organizzazione dell'attività nervosa non si esaurisca, come si è pensato da Cajal e Sherrington in poi, soltanto in una struttura connessionistica fatta di vie nervose e sinapsi, ma includa anche un sistema proprio di più lente e persistenti, però precise, autoregolazioni umorali.
Una nuova idea dell'elaborazione nervosa dell'informazione si va così precisando e con essa un orizzonte rivoluzionario di nuovi modelli per la comprensione delle funzioni e delle patologie del sistema nervoso comincia a delineare il volto della neurobiologia del futuro.

Note 
1 E. Scharrer, «Die Lichttempfindlichkeit blinder Elritzen», Zeit. vergl. Physiol., 1928, 7, pp. 1-38.
2 R. Gaupp, E. Scharrer, «Die Zwischenhirnsekretion bei Mensch und Tier», Z. ges. Neurol. Psychiatr., 1935, 153, pp. 327-355.
3 W. Hild, «Experimental-morphologische Untersuchungen über das Verhalten der "Neurosekretorischen Bahn" nach Hypophysenstieldurchtrennungen, Eingriffen in den Wasserhaushalt und Belastung der Osmoregulation», Virchow Arch. path. Anat. physiol., 1951, 319, pp. 526-46.
4 W.A. Stotler, «The relationship ofthe terminals of the hypothalamic-hypophyseal tract in the morphology of the pars nervosa of the hypophysis of the cat», Anat. Rec., 1951, 114, p. 275 (abstr.).
5 F.H. Marshall, «Sexual periodicity and the causes which determine it», Phil. Trans. Roy Soc. Lond. (B), 1936, 226, pp. 423-56.
6 W. Holweg, K. Junkmann, «Die hormonal-nervöse Regulierung der Funktion des Hypophysenvorderlappenns», Klin. Wschr., 1932, 11, pp. 321-23.
7 G.W. Harris, «The induction of ovulation in the rabbit, by electrical stimulation of the hypothalamo-hypophysial mechanism», Proc. Roy Soc. Lond. (B), 1937, 22, pp. 374-94.
8 Gregor T. Popa, Una Fielding, «A portal circulation from the pituitary to the hypothalamic region», Anat. Rec., 1933, 65, pp. 88-91.
9 George B. Wislocki, Lester S. King, «The permeability of the hypophysis and hypothalamus to vital dyes, with a study of the hypophyseal vascular supply», Amer. J. Anat., 1936, 58, pp. 421-72.
10 J.D. Green, G.W. Harris, «The neurovascular link between the neurohypophysis and adenohypophysis», J. Endocrinol., 1947, 5, pp. 136-46.
11 Murray Saffran, A.V. Schally, B.G. Benfey, «Stimulation of the release of corticotropin from adenohypophysis by a neurohypophysial factor», Endocrinol., 1955, 57, pp. 439-44.
12 H. Rigter, J. Crabbe, «Modulation of memory by pituitary hormones», Vitamins and Hormones, 37, Academic Press, New York, 1979.
13 D. De Wied, "Pituitary-adrenal system hormones and behavior", in H. Selye (a cura di), Selye's guide to stress research, Van Nostrand Reinhold, New York, 1980.
14 J. Hughes e H.W. Koesterlitz et al., «Identification of two related pentapeptides from the brain with potent opiate agonist activity», Nature, 1975, 258, pp. 577-79.
15 C. Pert, S.H. Snyder, «Opiate receptor: demonstration in nervous tissue», Science, 1973, 179, pp. 1011-14.

(Contributo On-line)


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