sabato 24 settembre 2011

LA TERAPIA COGNITIVO-COMPORTAMENTALE


Che cos’è la terapia cognitivo- comportamentale (TCC)?
La terapia cognitivo-comportamentale (TCC) è una psicoterapia sviluppata negli anni ’60 da A.T. Beck ed oggi adottata nella pratica clinica dalla maggior parte degli psicoterapeuti. È una terapia strutturata (si articola secondo una struttura ben definita, benché non in maniera rigida, per assicurarne la massima efficacia), direttiva (il terapeuta istruisce il cliente ed assume attivamente il ruolo di “consigliere esperto”), di breve durata (cambiamenti significativi sono attesi entro i primi sei mesi) ed orientata al presente (è volta a risolvere i problemi attuali).
Essa è finalizzata a modificare i pensieri distorti, le emozioni disfunzionali e i comportamenti disadattivi del cliente, producendo la riduzione e l’eliminazione del sintomo e apportando miglioramenti duraturi nel tempo.
La TCC è un terapia adatta al trattamento individuale, di coppia e in gruppo, e funziona a prescindere dal livello culturale, la condizione sociale e l’orientamento sessuale del paziente.
Qual è il modello teorico alla base della TCC?
In aggiunta ai riferimenti classici del comportamentismo, la TCC si basa sul modello cognitivo, che ipotizza che le emozioni e i comportamenti delle persone vengono influenzati dalla loro percezione degli eventi. Non è la situazione in sé a determinare direttamente ciò che le persone provano, ma è piuttosto il modo in cui esse interpretano certe esperienze. All’origine dei disturbi vi è, dunque, un modo distorto di pensare, che influenza in modo negativo l’umore e il comportamento del paziente. La TCC aiuta le persone ad identificare i loro pensieri angoscianti e a valutare quanto essi siano realistici. Mettendo in luce le interpretazioni errate e proponendone delle alternative - ossia, delle spiegazioni più plausibili degli eventi - si produce una diminuzione quasi immediata dei sintomi. Infatti, una valutazione realistica delle situazioni e la modificazione del modo di pensare producono un miglioramento dell’umore e del comportamento. Benefici duraturi si ottengono con la modificazione delle credenze disfunzionali sottostanti del paziente e attraverso l’addestramento dei clienti a queste abilità cognitive.
Le interazioni dei soggetti con il mondo e con le altre persone li portano a maturare alcuni convincimenti attraverso l’apprendimento - le loro credenze - che possono variare nella loro esattezza e funzionalità. Attraverso la TCC le credenze disfunzionali possono essere “disimparate” e possono essere apprese e sviluppate nuove credenze più realistiche e funzionali. In sintesi, la TCC agirà sui pensieri automatici (che sono il livello cognitivo più superficiale: i pensieri e le immagini distorte che attraversano in maniera rapida e incontrollata la mente di una persona di fronte a certe situazioni specifiche e ne condizionano negativamente l’umore), le credenze intermedie (opinioni, regole e assunzioni disfunzionali) e le credenze di base (che costituiscono il livello di credenza più profondo: sono globali, rigide e ipergeneralizzate). Nella figura seguente viene esemplificata l’interazione dei tre livelli cognitivi.
Che differenza c’è rispetto alle altre psicoterapie?
A differenza delle altre psicoterapie, la TCC si focalizza sul presente, è più breve ed è più orientata alla soluzione dei problemi attuali. I clienti apprendono alcune specifiche abilità che possono utilizzare per il resto della vita. Esse riguardano l’identificazione di modi distorti di pensare, la modificazione di convinzioni irrazionali e il cambiamento di comportamenti disadattivi. Inoltre, una differenza importante è che la TCC poggia su una base sperimentale e un metodo scientifico, e la sua efficacia nel trattamento di numerosi disturbi psicologici è stata convalidata empiricamente.
Si può fare un esempio?
Marco è un giovane impiegato, assunto da poco in una grande azienda. È molto scrupoloso, tanto da fare ogni sera tardi in ufficio per svolgere il suo lavoro in maniera perfetta. Finalmente la sua fidanzata lo convince a prendersi un giorno di vacanza e a passare il fine settimana fuori città. Il venerdì pomeriggio, mentre è in viaggio, riceve una chiamata dall’ufficio. Ci deve essere qualcosa che non va, devo aver fatto un errore, pensa Marco. A chiamare è un suo collega che sta cercando un file. Purtroppo la batteria del cellulare è quasi scarica e Marco non riesce a portare a termine la conversazione. Immediatamente comincia a sentirsi agitato. Dove posso aver messo il file? Perché non riescono a trovarlo? Sicuramente l’ho messo in una cartella sbagliata. E se per errore l’avessi cancellato? Sono troppo sbadato. Non sarò mai un buon impiegato. Marco comincia a preoccuparsi di quello che stanno dicendo di lui in ufficio. Penseranno che sono un impiegato impreciso, che di me non ci si può fidare. Il cuore comincia a battere sempre più velocemente, mentre continua inutilmente a cercare di telefonare. Poi comincia ad accusare la fidanzata di avergli fatto commettere un errore partendo. Probabilmente verrò licenziato o comunque non farò mai carriera, perché ho subito rivelato la mia incompetenza, ed è anche colpa tua che mi accusi sempre di lavorare troppo. Marco e la fidanzata litigano e il sabato tornano in città. Marco è sempre più agitato. Non ha il numero privato del suo collega e deve aspettare il lunedì per sapere quello che è successo. Passa la domenica immaginando i rimproveri del suo capo e pensando alla maniera migliore di scusarsi per il suo errore. La notte della domenica non riesce a dormire a causa della tensione. È il suo primo lavoro importante: non avrebbe dovuto commettere un errore così grave. Il lunedì va in ufficio, dopo aver dormito solo poche ore e scopre che il suo collega aveva trovato il file pochi minuti dopo la telefonata nella cartella dove avrebbe dovuto trovarsi. Aveva chiamato perché non si ricordava qual era la cartella giusta. Nessuno in ufficio era a conoscenza di quest’episodio. Marco è sollevato: nessuno si è accorto di niente. Tuttavia è piuttosto stressato e pensa comunque che la prossima volta dovrà essere più attento e ricontrollare tutto più volte.
In questo esempio sono evidenti i pensieri automatici che assalgono Marco e la sua credenza di base: “Sono inadeguato”. Questa credenza in lui profondamente radicata lo porta a provare emozioni negative, a vivere un profondo disagio, e ad attuare comportamenti disadattivi. Può anche compromettere le sue relazioni sociali e affettive. La TCC potrà aiutarlo a vedere le cose in maniera più realistica, a migliorare la sua autostima e a sviluppare uno stile affermativo di personalità.
Per quali disturbi è indicata la TCC?
Numerosi studi hanno dimostrato che la TCC è efficace nel trattamento di una vasta gamma di disturbi psicologici: la depressione, l’ansia, gli attacchi di panico, il disturbo ossessivo-compulsivo, le fobie, i disturbi del comportamento alimentare (anoressia, bulimia, obesità psicogena), le forme di stress post-traumatico, la dipendenza da alcol e droghe, le disfunzioni sessuali, i problemi di coppia e, combinata alla somministrazione appropriata di farmaci, i disturbi di personalità e la schizofrenia.
Quanto dura la TCC?
Alcuni clienti rimangono in terapia per un periodo molto breve, appena sei-otto sedute. In altri casi la terapia può durare alcuni mesi o anche più di un anno. Questo dipende dalla gravità del problema e dalla motivazione del cliente.
Come si sviluppa il processo terapeutico?
Le prime sedute vengono dedicate alla conoscenza dei problemi del cliente e alla costruzione della relazione terapeutica. La fase di anamnesi (assessment comportamentale e cognitivo) viene condotta utilizzando, oltre al colloquio clinico, test psicodiagnostici ed è volta alla valutazione dello stato emotivo del cliente, alla ricostruzione delle esperienze salienti della sua vita e alla chiara definizione dei suoi problemi attuali e dei suoi obiettivi. Quando il caso e la diagnosi clinica saranno abbastanza chiari, il terapeuta propone al cliente un contratto terapeutico. Egli riassumerà le sue valutazioni, prospetterà al cliente le sue ipotesi e formulerà delle interpretazioni degli eventi. Delineerà un progetto terapeutico, con strategie e obiettivi concreti, utili e raggiungibili, connessi con i problemi esplicitati dal cliente e coerenti con le sue aspettative. Successivamente il terapeuta spiegherà i principi teorici e le finalità della terapia, ed illustrerà brevemente le tecniche che verranno utilizzate, nonché i tempi, il costo e le probabilità di successo della terapia, per quanto ciò sia possibile. Poi si passerà all’intervento terapeutico vero e proprio, in un clima di fiducia e di orientamento positivo al cambiamento. Verso la fine della terapia, quando il cliente si sentirà meglio, le sedute potranno essere diradate nel tempo fino alla conclusione. Potranno poi seguire delle sedute di richiamo (follow-up) a tre, sei e dodici mesi dalla conclusione della terapia.
Come si svolgono le sedute terapeutiche?
Di solito le sedute si svolgono all’interno di uno studio con delle poltrone e un tavolino o una scrivania. Il terapeuta e il cliente sono seduti faccia a faccia, ma la loro posizione può eventualmente variare nel caso in cui vengano utilizzate determinate tecniche (rilassamento, role-playing, modeling, ecc.). Le sedute durano circa un’ora, e la loro frequenza è settimanale (più raramente, bisettimanale). Il clima è disteso, empatico e collaborativo. Oltre al colloquio, spesso si utilizzano in seduta alcuni materiali terapeutici, come test e questionari psicodiagnostici, diari giornalieri per la registrazione e il monitoraggio delle attività del cliente, schede per esercizi in studio e per i compiti a casa (homework). Dopo un rapido controllo dell’umore del paziente, si fissa un ordine del giorno, stabilendo gli argomenti di cui si tratterà nella seduta. In maniera collaborativa, i problemi verranno trattati facendo ricorso alle tecniche più appropriate. Poi si passerà all’assegnazione di alcuni compiti a casa, ovvero degli esercizi che il cliente svolgerà durante la settimana e che verranno discussi insieme nella seduta successiva.
Quali tecniche vengono utilizzate?
Gli interventi di TCC si basano sull’uso di numerose tecniche finalizzate a modificare comportamenti, emozioni e cognizioni non funzionali. Esse derivano dall’integrazione del modello cognitivo con l’orientamento comportamentista. Esse includono: il problem-solving, il decision-making, gli esperimenti comportamentali, il monitoraggio e la programmazione delle attività, la distrazione e la rifocalizzazione, le tecniche di rilassamento, i coping cards, l’esposizione graduale, il role-playing, e molte altre ancora.
Dovrò assumere dei farmaci?
L’uso appropriato di psicofarmaci non è escluso nella TCC, anzi per alcuni disturbi specifici la terapia risulta più efficace se associata all’assunzione di farmaci. Ciò dipenderà dalla natura e dalla gravità del disturbo accusato dal cliente. In alcuni casi, il terapeuta potrà ritenere utile un consulto psichiatrico, ed eventualmente potrà concordare con lo psichiatra la prescrizione di farmaci. In questo caso, l’assunzione e gli effetti dei farmaci verranno discussi nelle sedute terapeutiche.
Come capirò se la TCC sta funzionando?
La maggior parte dei clienti che si sottopongono ad un trattamento terapeutico sperimentano un miglioramento già entro le prime tre-quattro settimane dall’inizio della terapia, se frequentano le sedute con motivazione e se si impegnano giornalmente ad eseguire i compiti a casa tra una seduta e l’altra. I benefici della terapia potranno essere verificati attraverso la somministrazione periodica di alcuni test finalizzati a misurare lo stato emotivo del cliente.
Cosa posso leggere per saperne di più?
Un libro esauriente e di facile lettura è "Terapia cognitiva. Fondamenti e prospettive" di Judith S. Beck, edito in Italia da Mediserve (Napoli, 2002). Se non dovessi trovarlo in libreria, puoi richiederlo direttamente all’editore.
(contributo on-line)

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