Come nasce l’antropologia cognitiva:
- da una parte ha la sua matrice storica nell’ambito delle altre e varie scienze antropologiche (dette
discipline Demo-Etno-Antropologiche in quanto raggruppano le varianti della Demologia,
dell’Etnologia e dell’Antropologia, sia interne che esterne a ciascuna di queste;
- dall’altra ha un proprio titolo di campo scientifico nell’ambito del complesso denominato scienze
cognitive.
Punto comune tra questi due rami del sapere che configurano l’antropologia cognitiva è l’esperienza
di ricerca sul campo: l’etnografia nella e della alterità riguardo le forme del pensiero, i suoi codici di
espressione in contesti culturali definiti e diversi dai nostri per un qualche carattere storico.
Due i paradigmi dell’antropologia cognitiva o studi etno-cognitivi:
- la unità psichica del genere umano,
- la diversità di forme del pensiero è dovuta alla diversità delle forme culturali entro cui le prime
vengono prodotte e devono essere spiegate.
Da dove nasce: alcuni studiosi identificano l’origine dell’antropologia cognitiva a partire dagli studi
linguistici, etnolinguistici e di etnoscienza nella caratterizzazione statunitense dagli anni ‘950 in poi,
mentre questa “nuova” scienza si forma in realtà con l’assommare una serie di tematiche e filoni di
studio ben più ampi ed antichi che partono fin dall’origine degli studi sociologici ed antropologici.
Infatti, ad una attenta considerazione storiografica, le radici storiche dell’antropologia cognitiva
negli studi antropologici emergono come un crescendo che, provenendo nel tempo da diversi campi,
confluiscono negli ultimi 20 anni in un complesso dai molti interessi ma unificato per quanto detto
finora.
La matrice di questo sviluppo fa riferimento a studi su:
- mentalità primitiva tra ontologie e naturalismo: Émile Durkheim (1898) e Marcel Mauss
(1901-1902); Franz Boas (1911); Lucien Lévy-Bruhl (1910-35);
- carattere dello spirito: forme sociali e storicismo: Remo Cantoni (1938-41), Ernesto de Martino
(1941) e Giuseppe Cocchiara (1948);
- ambiente culturale e sviluppo del pensiero: J. Piaget, L. Vygotskij, A. Lurija; D. R. PriceWilliams, C. R. Hallpike; J. S. Bruner, M. Cole, D. R. Olson; B. Whorf, E. Sapir, N.
Chomsky; B. Bernstein; M. McLuhan; J. Jaynes; G. Bateson (dagli anni ‘950 agli ’980); 2
- il pensiero selvaggio: Claude Lévi-Strauss (1949 e 1962 segg.); dagli anni ‘970: Alberto Cirese,
Vittorio Lanternari, Francesco Remotti, Michel Foucault, Maurice Godelier, Rodney
Needham, Marshall Sahlins, Edmund Leach, Jack Goody, Maurice Bloch;
- le categorie del pensiero: etnoscienza ed antropologia simbolica:
- temi specifici d’analisi all’interno dell’ormai vasto campo dell’antropologia cognitiva: H. Putman
(1975); H. Gardner (1983); P. N. Johnson-Laird (1983, 1988);
- etnoscienza: G. R. Cardona (1985a, 1985b);
- antropologia simbolica: M. Douglas (1970a, 1970b); C. Hugh-Jones (1979);
- categorie del pensiero di tempo, spazio, numero, colore, logica delle relazioni (Pignato 1987b; La
Cecla 1987; Gnerre 1987; Cardona 1980, 1987; Giannattasio 1987; Squillacciotti 1986,
1994, 1995, 1996a, 1996b, 2004, 2006);
- riflessioni sulla storiografia della scienza antropologica: S. Mancini (1989); L. Moruzzi (1991);
- limiti e questioni di epistemologia della cognizione e del simbolismo: D. Sperber (1974, 1982,
1996);
- tentativi di trasferimenti interdisciplinari di acquisizioni circa la dimensione cognitiva della specie
umana: T. Dobzhansky (1962); A. Leroi-Gourhan (1964); K. Lorenz 1965; C. Geertz (1973,
2000); M. Sahlins (1977); A. M. Cirese (1984); V. Turner (1986); G. Angioni (1986);
Tattersall 2002; T. Ingold (2004); L. L. Cavalli Sforza (2004); M. Tomasello (2005);
- aggiornamento della “ipotesi di Sapir-Whorf”, il rapporto tra categorie di lingua e categorie del
pensiero: L. Giannelli, L. e M. R. Sacco (1999), G. R. Cardona (1980), M. Squillacciotti
(1986, 1994, 1995, 1996b, 1998a, 2000a, 2004).
- codici dell'oralità e della scrittura: Walter Ong (1967, 1982), J. Goody (1977, 1987); G. R.
Cardona (1981); D. R. Olson (1979), D. R. Olson e N. Torrance (1991); M. Squillacciotti
(1986, 1998a, 2000a,).
- processi di pensiero e scienze cognitive
C. Geertz (2000); T. Ingold (2004); A. Acerbi (2003, 2005). S. Lutri (2008).
La cognizione
L’Antropologia Cognitiva, dunque, studia la cognizione, secondo i paradigmi già enunciati.
Chiarisco subito che la prospettiva di studio dell’evoluzione umana, del processo di ominazione e
costituzione della specie:
- non dipende da un caso, né da una necessità, né da un atto creativo di qualsivoglia origine; 3
- non si verifica prima la trasformazione e l’assetto del corpo, poi formazione della psiche ed infine
la modificazione e la speciazione del cervello con le relative funzioni cognitive e categorie del
pensiero;
- non é merito di un particolare sviluppo del cervello con l’ampliamento delle sue possibilità
applicative, né dell’aumento in sé della grandezza della sua massa.
La spiegazione passa per la definizione di cognizione: con il termine cognizione indichiamo il
processo mentale di comprensione delle regole che governano il mondo e di significazione del
mondo, processo attivo di presa di possesso e di attribuzione di significato del sé e dell’ambiente
naturale e culturale da parte dell’uomo.
La cognizione è una condotta intelligente, è una azione anche quando rimane solo nel pensiero, e
si struttura utilizzando gli organi di prensione, di senso e poi di parola; occupa il tempo e lo spazio;
si svolge con un ritmo.
Processo di mediazione mentale del soggetto (che si costruisce come persona) con il sé, gli altri ed
il mondo in un ambiente; come dire che la cognizione è:
Incorporata – Contestualizzata – Situata – Distribuita – Socializzata – Cumulativa – Mediata -
Tacita.
Processo attivo, dunque, perché l’uomo nel produrre il mondo, in cooperazione con gli altri uomini,
prende coscienza del suo operare e del suo collocarsi nel processo produttivo: la sua “natura”
diviene con ciò “culturale”, cioè definibile solo in termini di cultura.
La coscienza è la capacità che nasce quando il produttore è consapevole della relazione con il
prodotto, relazione tra idea della cosa e la cosa da produrre o già prodotta, sia nello strumento
oggetto (artefatto) che nella rappresentazione visiva (immagine mentale).
Come è successo questo? Al di là della poca differenza genetica tra la nostra specie e quella delle
scimmie antropoidi, la nostra storia primordiale ha visto processi di mutazione genetica e
selezione naturale-sociale a seguito di un dispiegamento del corpo e dei suoi organi nel produrre e
riprodurre le condizioni della propria esistenza. La morfogenesi della specie è strettamente legata
alla sociogenesi, come due facce di una stessa medaglia: l’evoluzione è un processo di sviluppo in
cui la morfogenesi si realizza in relazione di interdipendenza reciproca con la sociogenesi. Per
questo la distinzione natura/cultura per gli umani è definibile solo come grado 0 perché nel
processo reale, concreto e storico le due facce appartengono unificate, inscindibili, interrelate,
interdipendenti… ad una sola medaglia che è la specie. Insisto nel dire che motore di questo
processo sono le rilevanze cerebrali (e poi mentali) degli strumenti corporei (e poi oggettuali e
simbolici) attivati nella presa di possesso del mondo. La relazione tra natura e cultura non è
configurabile come natura vs cultura, né natura+cultura, ma natura x cultura. Cioè la relazione
costituisce non un ente ma un processo.
La mente come “luogo” dei processi cognitivi, epifenomeno rispetto all’organo del cervello, relai
di connessione tra il sé e gli ambienti (il relai è un particolare tipo di interruttore che fa da
meccanismo di messa in relazione di parti diverse, e non solo di contatto tra queste parti,
conferendo un particolare tipo di connessione).
Il pensieroviene assunto come insieme dei processi cognitivi, parte attiva di un “luogo”
costitutivo della specie (la mente), ed è organizzato secondo categorie.
Le funzioni cognitive: la mutazione “naturale” del cervello, in relazione ed insieme al processo
ed alla trasformazione “culturale”, ha permesso nell’interazione sociale e tecnologica tra gli umani e
con l’ambiente l’accumulo e la trasmissione del sapere; ha permesso lo sviluppo delle funzioni
cognitive specie specifiche, che sono: percezione intermodale, controllo volontario, mediazione,
categorizzazione, memorizzazione, ordine sequenziale, automatismi.
Le categorie del pensiero sono i criteri, campi di organizzazione del pensiero; le
concatenazioni, connessioni, messa in relazione, classi logiche a cui il pensiero ricorre per
organizzarsi e poter attivare il processo di significazione; queste sono tempo, spazio, quantità,
colore, relazionalità.
I processi cognitivi:
- si attivano in virtù delle funzioni: percezione intermodale, controllo volontario, mediazione,
categorizzazione, memorizzazione, ordine sequenziale, automatismo;
- operano attraverso meccanismi neuro-fisiologici, tipo: astrazione, attenzione, discriminazione,
identificazione, immaginazione, percezione, rappresentazione, simbolizzazione …
- si avvalgono di categorie del pensiero: tempo, spazio, quantità, colore, relazionalità;
- realizzano fenomeni di pensiero, tipo: dislocazione, slittamento, trasferimento, riconoscimento,
finzione, riduzione, evocazione, ripetizione, conservazione, differenziazione …
- devono fare i conti con: circostanze e coincidenze.
Dal punto di vista cognitivo, l’incorporazione non è solo un processo di memorizzazione nel corpo
di un sapere generico (memoria mentale) o di un sapere tecnico (memoria corporea) ma, proprio
come processo ed in quanto processo, è lo sviluppo di abilità della persona che si realizza con un
trasferimento e connessione di funzioni cognitive diverse, con una resa immateriale delle condizioni
materiali, delle regole dell’apprendimento, delle tecniche di produzione (materiale e immateriale).
E’ su questa base che si è allora costituita la capacità simbolica, la simboli-ficazione, cioè il fare e
sapere, o meglio, il saper fare ed il saper sapere.
(Contributo online)
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