Wilder Penfield (Spokane, 26 gennaio 1891 – Montreal, 5 aprile 1976) è stato un neurologo canadese, che ha dato contributi di grande importanza allo studio del tessuto nervoso, di malattie neurologiche (in particolare dell'epilessia) e delle tecniche di chirurgia cerebrale.
Fu
uno dei primi ad applicare la stereotassi,
tecnica che consiste nello stimolare elettivamente zone assai piccole
di tessuto nervoso cerebrale per mezzo di aghi o di
elettrodi.
Applicando la stereotassi, fece la sua scoperta più sorprendente: la stimolazione di determinate aree del cervello provoca la rievocazione di ricordi, ossia può far rivivere con grande chiarezza avvenimenti del tutto dimenticati, talvolta con le sensazioni (suoni, odori,...) ad essi associati.
Applicando la stereotassi, fece la sua scoperta più sorprendente: la stimolazione di determinate aree del cervello provoca la rievocazione di ricordi, ossia può far rivivere con grande chiarezza avvenimenti del tutto dimenticati, talvolta con le sensazioni (suoni, odori,...) ad essi associati.
Gli
si deve la descrizione dell'Omuncolo
motorio e
dell'Omuncolo
sensoriale,
cioè della rappresentazione - rispettivamente sulla corteccia
motoria primaria e sulla corteccia sensoriale primaria - delle
diverse parti del corpo.
Biografia
La giovinezza
Wilder
vive fino all'età di 8 anni a Spokane, Washington,
quando poi i genitori sono costretti a separarsi (per motivi
finanziari legati alla pratica medica del padre)[1] lui,
la madre, il fratello e la sorella si trasferiscono a Hudson a
casa dei nonni materni, Amos ed Elizabeth Jefferson, dove trascorrono
i seguenti 6 anni. Proprio in questi anni la madre viene a conoscenza
della "Rhodes Scholarship" dellaOxford
University,
una borsa di studio che garantiva la possibilità di studiare per tre
anni a titolo completamente gratuito presso la prestigiosa università
inglese, istituita pochi anni prima da un omonimo gentiluomo, che
richiedeva una preparazione da “all around man” (termine inglese
che sta ad indicare una persona che eccelle in diversi campi oltre lo
studio) per essere ammessi, e convince il figlio ad impegnarsi per
raggiungere questo obiettivo[2].
Quando poi il fratello e la sorella si sposano la madre decide di
lasciare casa Jefferson e di collaborare alla fondazione di una
scuola privata maschile, la "Galahad School", dove Wilder
continuerà i suoi studi e diverrà capitano della squadra di
football.
Gli anni dell'università
Princeton
Dopo
il diploma, grazie anche all'aiuto economico del nonno, si iscrive
a Princeton con
la speranza che essendo il New Jersey uno stato di dimensioni ridotte
la competizione per la Rhodes Scholarship fosse minore che in altre
università come Harvard o Yale[3].
Qui inizia subito a darsi da fare per divenire un “all around man”:
entra nella squadra di football, dove gioca come riserva nella prima
stagione ma, dopo aver rinforzato il suo fisico grazie alla pratica
della lotta, vince dei premi messi in palio per i migliori calciatori
ed entra come titolare nella squadra. Proprio quando arrivano questi
successi sportivi, egli si rende conto della loro inutilità per il
suo futuro, ed inizia a guardasi intorno per i test di preselezione,
non sapendo ancora quale sarebbe stato il suo futuro, ma convinto di
non volersi dedicare alla medicina[4].
Un giorno poi stila una lista delle possibili carriere da
intraprendere e scartandole una ad una a seconda delle sue attitudini
arriva a scegliere proprio quella medica. In cima alla lista aveva
scritto l'obbiettivo da raggiungere: “To
support myself and my family, and somehow to make the world a better
place in which to live”[5].
In
quegli anni, durante una delle sue poche vacanze lontano da Princeton
conosce la sua futura moglie, Helen Kermott, alla quale promette di
tornare per prenderla in moglie dopo essere divenuto un medico. A
Princeton diviene manager della squadra di baseball ed eccelle negli
studi, cosa che lo aiuta a venire eletto come rappresentante di
classe e descritto dai suoi stessi compagni come il miglior
“all-around-man”[6],
cosa che gli provoca non poca gioia. Gioia che però viene meno
quando, il natale del suo ultimo anno a Princeton, fa domanda per un
posto alla Rhodes Scholarship, che viene però assegnato ad un altro
studente, vanificando così tutti i suoi sforzi in merito. Avendo
previsto questa possibilità è pronto a dedicare il prossimo anno
alla raccolta dei fondi necessari ad iniziare i suoi studi di
medicina, cosa che fa dando fondo a tutte le sue doti personali,
lavorando come educatore, allenatore di football ed insegnante. In
particolare trascorre l'estate lavorando come tutor per i bambini del
Dott. Jonh M. T. Finney, un famoso chirurgo di Baltimora di
cui fa la conoscenza quando, dopo aver notato che la mascotte della
squadra di football di Princeton era affetta da nanismo, cerca
qualcuno in grado di garantirle un esame medico; quando però l'uomo
viene studiato si scopre che ormai è in età troppo avanzata per
essere curato. Wilder rimane molto colpito da questo avvenimento al
punto che anni dopo nella sua autobiografia scriverà che “Medical
and human successes are not always the same”[7].
Il responsions
Con
l'avvento del 1914 si
affretta a fare nuovamente domanda per la Rhodes Scholarship e viene
accettato a sostenere la prova di ammissione che si terrà
nell'autunno dello stesso anno, ma ad una condizione: dovrà superare
il test di greco necessario per l'ammissione ad Oxford, il
“Responsions”.
Così recupera i libri di greco e, tra le lezioni e gli allenamenti
di football, si prepara per il test che suo malgrado si rivelerà più
difficile del previsto e lo porterà al fallimento. Durante
quell'anno accetta però il ruolo di allenatore capo nel team
universitario di football a Princeton e durante l'estate frequenta un
corso di anatomia ad Harvard, ottenendo il permesso di iscriversi
successivamente ad Oxford, sempre nel caso in cui avesse superato il
test di greco previsto in autunno. A Boston segue il corso di
anatomia con il Dott. Robert Green, un eccellente medico e un
appassionato di letteratura greca che, venuto a sapere del
“responsions” lo invita a portare ogni mattina con sé il volume
che dovrà essere in grado di tradurre all'esame, in modo da poterlo
aiutare. Il settembre dello stesso anno affronta nuovamente la prova
e la supera. Ironia del destino pochi giorni dopo la Oxford
Universitygli
invia una lettera nella quale gli comunica che il “responsions”,
esame in vigore sin dalla fondazione dell'istituto, verrà
abolito[8].
Ma ancora una volta i suoi piani dovranno cambiare: proprio
quell'autunno infatti, in Europa, scoppia la prima guerra mondiale.
Vedendo Oxford sempre più lontana decide allora di iniziare a
studiare medicina negli Stati Uniti ed in particolare si immatricola
presso il "College
of Physicians and Surgeons"
a New
York City.
Tuttavia, dopo solo sei settimane, una lettera giunta da Oxford lo
informa del fatto che i corsi si svolgeranno regolarmente e che gli
studenti americani sono ben accetti.
La Oxford University
Giunto
in Inghilterra il suo morale è alle stelle, il sogno che aveva da
bambino si sta avverando e ora ha la possibilità di fare quello che
vuole continuando a seguire la sua passione per gli sport e
soprattutto potendo studiare con uno dei suoi eroi: Sir William
Osler.
Viene anche ospitato a casa di Osler per delle settimane dopo che,
arruolatosi come volontario nella Croce
Rossa,
la barca sulla quale stava viaggiando viene affondata dai
tedeschi[9].
Oltre Osler ad Oxford ha modo di conoscere il professor Charles
Sherrington,
un uomo dai molti talenti nonché un importante neurofisiologo che lo
introduce ai misteri del sistema nervoso ed i cui scritti continuerà
a studiare per tutta la vita. Nell'autunno del 1916 entra
alla Johns
Hopkins Medical School per
seguire il terzo anno dei suoi studi di medicina, un anno che lo
impegna molto a causa dello studio e di importanti esami. Il 6
giugno del 1917 sposa
Helen Kermott a Hudson, e subito dopo parte con lei alla volta della
Francia per lavorare in un ospedale della Croce Rossa a Parigi.
Decide poco dopo di arruolarsi nell'American
Army Medical Corps ma
viene fermato dal Dott. J.M.T. Finney[10] che,
giunto in Francia per servire nell'esercito, lo convince del fatto
che al suo paese occorrono medici preparati e non volontari in giro
per il mondo. Tornato allora negli stati uniti termina i suoi studi e
nel giugno del 1918 si
laurea in medicina alla Jonh Hopkins University, proprio in quei
giorni nasce suo figlio Wilder Junior. Rimarrà a Baltimora il tempo
necessario a concludere la sua prima ricerca sull'importanza della
sostituzione del sangue con altre sostanze per combattere condizioni
di shock (un tema decisamente importante in tempi di guerra).
La Carriera
Gli inizi
Nel 1918-1919 presta
servizio presto il Peter
Bent Brigham Hospital a
Boston; decide poi di partire per Oxford per completare i suoi studi
specializzandosi in tutto ciò che riguarda il cervello e la mente
umana, dalla neuropatologia alla neuroanatomia, per diventare un
giorno un neurochirurgo. Il 16
luglio del 1919 nasce
la sua seconda figlia, Ruth Mary. Torna poi a Londra per lavorare
presso il National Hospital a Queen Square, dove ha modo di conoscere
le menti emergenti nel campo della neuropatologia (tra gli altri
George Riddoch,Charles
Symonds,
Russell Brain e F.M.R. Walsche) ed in particolare stringe ottimi
rapporti con una delle personalità più forti dell'ambiente:
Sir Gordon
Morgan Holmes[11].
Nel 1921 torna
negli Stati Uniti in cerca di un lavoro e pur ricevendo diverse
offerte rimane spesso colpito dalla mente chiusa e dalla mancanza di
una visione al futuro dei brillanti giovani medici americani[12].
Microglia
and neurons
Proprio
in quegli anni la Columbia
University e
il Presbyterian Hospital siglano un accordo e vengono stanziati
ingenti fondi per la ricerca e l'implementazione dei servizi. Diverse
personalità di spicco entrano a far parte quindi dello staff del
P.H.. Tra questi c'è Allen Whipple che viene nominato capo chirurgo
e professore di chirurgia e che prende Wilder nel suo staff sia nel
lavoro ospedaliero che in quello accademico. Recatosi a Baltimora per
assistere ad una operazione diventricolografia,
tecnica che proprio in quegli anni veniva introdotta da Walter Dandy,
incontra Lewis Weed, un professore di anatomia della Johns
Hopkins University,
che lo invita a partecipare al progetto per la fondazione del
dipartimento di neurologia[13].
Nel 1912 gli
perviene un'offerta di lavoro dal Johns
Hopkins Hospital che
però egli rifiuta, poco convinto dalle prospettive di miglioramento
che la sua preparazione avrebbe potuto avere nell'ambito della
neurochirurgia; era infatti fermamente convinto che il futuro della
neurologia fosse in una struttura dove neurochirurgia e neurologia si
integrassero a vicenda[14].
Poco dopo inizia a lavorare presso il Neurological
Institute of New York sotto
la direzione del Dott. Charles Elsberg. Nel maggio del 1923 una
donna in cura da lui da molto tempo muore lasciandogli dei soldi con
i quali continuerà la ricerca sulla Idrocefalia e
nel novembre della stesso anno, con sua immensa soddisfazione, Allen
Whipple gli affida la direzione del dipartimento di neurochirurgia,
consentendogli finalmente di dedicare tutti i suoi sforzi a quella
che è la sua vera passione[15].
La ricerca e la neurocitologia
Deciso
quindi a portare avanti le sue ricerche riesce ad ottenere, grazie
all'aiuto di Mrs. Percy Rockefeller[16],
un viaggio a Madrid per studiare il lavoro del premio Nobel Santiago
Ramón y Cajal con
le quali potrà realizzare delle immagini altamente selettive del
tessuto cerebrale. Collaborando con Don
Pio del Rio-Hortega,
un allievo di Cajal, arriva a convincersi che l'unica possibilità
per capire qualcosa di più sui danni e le malattie cerebrali è
indagare le cellule non nervose, in particolare quelle che proprio
Hortega aveva denominatoMicroglia[17].
Su questa base continuerà le sue ricerche sulle ferite superficiali
alla testa dei conigli (le microglia svolgono infatti un ruolo
importante proprio nell'ambito dei tessuti neurali danneggiati), non
riuscendo però a vedere i risultati delle sue ricerche pubblicati
prima del 1927[18].
Tornato a New York trova ad aspettarlo un nuovo laboratorio di
neurocitologia e un'equipe ansiosa di assisterlo nelle sue ricerche.
Qui otterrà buoni risultati nello studia delle microglia,
pubblicherà diversi lavori e otterrà il riconoscimento del
laboratorio da parte della American Neurological Association
nel 1927[19].
Proprio in quel periodo inizia a prendere contatti con Sir Edward
William Archibald,
un professore di chirurgia della Mc
Gill University,
il quale vuole creare un grande dipartimento di chirurgia al Royal
Victoria Hospital a Montréal,
e desidera che sia Penfield a dirigere la sezione della
neurochirurgia[20].
Nel 1928 accetta
l'incarico e si reca a Montréal per dirigere la preparazione delle
sale operatorie e dei laboratori, il tutto mentre si guarda intorno
per cercare fondi e collaborazioni[21].
Nascono in quegli anni altri due bambini, Priscilla e Amos
Jefferson[22].
La
sua carriera a Montreal decolla velocemente impegnandolo
nell'organizzazione di convegni e nella stesura di un libro sulle
malattie cerebrali. Nel suo laboratorio custodisce una quantità di
provette piene di tessuto cerebrale di molti dei suoi pazienti,
quello che egli definisce “his
treasure”[23].
Un giorno mentre incarica uno specializzando di metterle in ordine si
accorge che sono scomparse, pensando subito ad un furto metterà in
moto tutte le sue conoscenze e utilizzerà tutti i mezzi a sua
disposizione nella loro ricerca, salvo poi ritrovarle in una
discarica, gettate lì da alcuni operai che avevano recentemente
ridipinto il laboratorio.
Il Montreal Neurological Institute
È
in questi anni che inizia a maturare l'idea di un istituto di ricerca
specializzato per la neurologia, istituto che egli prevede di
affiancare al Royal Victoria Hospital[25];
nel frattempo il suo ambito di ricerca si concentra sempre più
sull'epilessia,
grazie anche all'aiuto finanziario della famiglia di un bambino preso
in cura da lui; in particolare la madre, Mrs Ottmann, contribuirà in
modo significativo alla fondazione del Montreal
Neurological Institute[26].
Nel 1931 gli
viene proposto di partecipare alla riorganizzazione del dipartimento
di neurochirurgia della University
of Pennsylvania,
proposta che però rifiuta avendo recentemente preso contatto con
laFondazione
Rockefeller per
lo stanziamento dei fondi necessari alla costruzione dell'istituto di
ricerca lì a Montreal[27].
Rifiuta anche per un altro motivo, a Phyladelphiainfatti
il suo ruolo si sarebbe inevitabilmente trasformato da quello di
chirurgo a quello di amministratore, una posizione che avrebbe
senz'altro portato con sé molti onori, ma che lo avrebbe allontanato
dal lavoro di ricerca e da quello manuale che lui così tanto
amava[28].
Il 21
aprile del 1932 sul New
York Timescompare
un articolo in cui la Fondazione
Rockefeller conferma
di aver in atto un investimento con la Mc
Gill University[29].
E così, dopo tanti anni di lavoro e molti rinvii, il 27
settembre 1934 la Mc
Gill University inaugura
il Montreal Neurological Institute. Nel 1960,
dopo la morte di Bill Cone, uno dei suoi più cari amici e colleghi,
Wilder Penfield si ritirerà dalla professione.Sarà proprio
nel 1934 che
Penfield prenderà la cittadinanza canadese.
Il successo e le grandi scoperte
Con
il tempo il suo istituto acquista sempre più una dimensione
internazionale e diviene modello per molti altri centri di
ricerca[30].
Accorrono a lavorare con lui grandi personaggi: Herbert
Jasper,
pioniere dell'elettroencefalografia,
K.A.C. Elliot, rinomato chimico, e tanti altri come Brenda
Milner, William
Feindel e Preston
Robb[31].
Nel 1941 pubblica
una serie di libri e di articoli in cui riferisce le sue scoperte in
ambito neurologico; egli si interessa in particolare di un tipo di
attacco epilettico che deriva da un disturbo dei lobi temporali del
cervello, dà inoltre importanti suggerimenti sul ruolo giocato
dall'ippocampo nel
meccanismo della memoria[32].
Scopre addirittura che stimolando particolari aree della corteccia
cerebrale si innesca un cascata di ricordi nel paziente, così vividi
e ricchi di particolari da dare al soggetto la sensazione di stare
provando nuovamente quelle sensazioni[31].
Un altro campo di studio che approfondisce durante le sue mappature
della corteccia cerebrale è quello inerente al meccanismo del
linguaggio. Egli compie questi studi molto specifici grazie alla
pratica di operare pazienti coscienti, i quali posso riferire
immediatamente gli effetti della stimolazione della corteccia
esposta. Nel 1959 pubblica
le sue intuizioni in merito. Nel tentativo di comprendere il fenomeno
della coscienza egli propone l'ipotesi di un'area subcorticale negli
emisferi cerebrali, che sarebbe dovuta essere la base dei
comportamenti intenzionali e della consapevolezza conscia.
Quest'ipotesi, seppure con qualche modifica, è tuttora accettata e
definita da alcuni come “un
ponte concettuale tra il cervello e la mente attraverso cui l'uomo
non potrà mai passare”.
Penfield lavora nell'istituto fino all'età di settant'anni ma anche
in pensione continua ad allargare i suoi ambiti di ricerca. Si
interessa molto all'unità familiare nella società moderna e alla
filosofia della filantropia, in particolare per ciò che concerne
la Fondazione
Rockefeller.
Nel 1975,
un anno prima di morire, pubblica “The
Mystery of the Mind”,
dove raccoglie tutte le sue idee sul cervello e sulla mente[32].
Il 5
aprile 1976 muore
a causa di un cancro, pochi giorni dopo aver terminato la sua
autobiografia “No
Man Alone: a neurosurgeon's life”[31].
Note
- ^ Edwin C. Clarke, “Penfield” in DIZIONARIO BIOGRAFICO DELLA STORIA DELLA MEDICINA E DELLE SCIENZE NATURALI (Liber Amicorum), tomo III (L-P), Roy Porter (a cura di), Franco Maria Ricci editore, Milano, 1988
Bibliografia
- Wilder Penfield, NO MAN ALONE a neurosurgeon's life, Boston/Toronto, Little,Brown, 1977. ISBN 0-316-69839-3
- Roy Porter (a cura di), DIZIONARIO BIOGRAFICO DELLA STORIA DELLA MEDICINA E DELLE SCIENZE NATURALI (Liber Amicorum), tomo III (L-P), Milano, Franco Maria Ricci, 1988. ISBN 88-216-0853-0
- W.F. Bynum e Helen Bynum, DICTIONARY OF MEDICAL BIOGRAPHY, volume 4 (M-R), Westport/London, Greenwood Press, 2007. ISBN 0-313-32881-1(Contributo On-line)
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