Marco
Ezechia Lombroso,
che successivamente cambiò nome in Cesare (Verona, 6
novembre 1835 – Torino, 19
ottobre 1909),
è stato un medico, antropologo, criminologo e giurista italiano,
di origine ebraica, considerato pioniere e "padre" della
moderna criminologia.
Esponente del Positivismo scientifico,
è stato uno dei pionieri degli studi sulla criminalità,
fondando l'antropologia
criminale.
Il suo lavoro è stato fortemente influenzato dalla fisiognomica,
dal darwinismo
sociale e
dalla frenologia.
Le sue
opere si basano sul concetto del criminale
per nascita:
l'origine del comportamento criminale è insita nelle caratteristiche
anatomiche del criminale, persona fisicamente differente dall'uomo
normale in quanto dotata di anomalie ed atavismi,
che ne determinano il
comportamento criminale. Di conseguenza, l'unico approccio utile nei
confronti del criminale è quello clinico-terapeutico. Nell'ultima
parte della sua vita Lombroso prese in considerazione anche i fattori
ambientali, educativi e sociali come concorrenti a quelli fisici
nella determinazione del comportamento criminale.
Oggi è
stato dimostrato che sia l'ambiente sia i geni influiscono
sull'aspetto fisico, ma che quest'ultimo non influisce sul
comportamento, influenzato anch'esso dai geni o dall'ambiente:
pertanto la dottrina lombrosiana è attualmente
considerata pseudoscientifica.
Sebbene
molte teorie di Lombroso siano oggi destituite di ogni fondamento, a
Lombroso va riconosciuto il merito di aver iniziato gli studi
criminologici moderni; ad alcune sue ricerche, si ispirarono
inoltre Sigmund
Freud e Carl
Gustav Jung per
alcune teorie della psicoanalisi applicata
alla società.
Suoi
figli furono Paola
Lombroso Carrara,
antropologa e scrittrice per l'infanzia, Gina
Lombroso,
scrittrice e medico, e Ugo
Lombroso,
fisiologo.
Biografia
Secondo
Luigi Bulferetti[1] le
origini della famiglia dei Lombroso vanno ricondotte alle migrazioni
della popolazione ebraica e
dei moriscos avvenute
nel periodo compreso tra il Quattrocento ed il Seicento.
Il
padre, Aronne Lombroso, era un ricco commerciante veronese, sua madre
si chiamava Zeffora (o Zefira) Levi ed era una donna di religione
ebraica originaria di Chieri,
in provincia
di Torino[2].
Studi universitari
Il giovane
Cesare scelse di seguire gli studi della facoltà di medicina,
sebbene la madre preferisse per lui quelli giuridici per vari motivi,
tra cui l'esempio di Francesco
Marzolo (la
cui concezione intrecciava storiografia e fisiologia nel
sostenere fondamentalmente la centralità della lingua nella storia),
inoltre l'affiorare dell'elemento filosofico e della riflessione,
nonché dell'ethos dettato
dalla morale moderata e repubblicana del tempo. Scelse l'Università
di Pavia,
in quegli anni rappresentata da Bartolomeo
Panizza che
aveva formulato lodevoli comparazioni tra l'ambito anatomico e quello
fisiologico nel corso dei suoi studi, e da Luigi
Porta che
aveva esteso all'anatomia
patologica nonché
alla fisiopatologia sperimentale
il fine e l'utilizzo della chirurgia.
Nel 1852
all'inizio degli studi si scopre sorprendentemente entusiasta della
sua indipendenza, delle nuove amicizie e dell'abbondanza di materiale
a cui attingere per i suoi studi, che interessavano materie quali,
all'inizio l'anatomia,
la storia
naturale e
la botanica.
Studiò sui testi dei personaggi più importanti di quel tempo quali
il mineralogista e zoologo Gian
Maria Zendrini, Giuseppe
Balsamo Crivelli(scopritore
del fungo parassitario patogeno del "mal del calcino",
la Batys
Bassiana),
il Panizza stesso ed il botanico Giuseppe
Moretti,
muovendo dal concetto, dominante all'epoca, dell'"unità
della Natura"
(come insieme di viventi e non viventi in senso sistematico e
sincronico) a cui si rifaceva il Nostro, parlando, ad esempio, nel
1853 nel Di
un rapporto fisiologico comune ad alcuni neurotteri edimenotteri,
discettazione pubblicata in concomitanza con la fine del suo primo
anno di studi.
Carriera
Compiuti
gli studi universitari a Pavia, Padova e Vienna,
partecipò come medico militare alla campagna contro
il brigantaggiosuccessiva
all'unificazione
italiana.
Incaricato di clinica psichiatrica e
di antropologia a
Pavia, svolse ricerche sul cretinismo e
sullapellagra.
Fu poi direttore del manicomio di
Pesaro e ordinario di medicina
legale nel
carcere di Torino dove
studiò i detenuti e i loro cadaveri per convalidare le sue teorie
sull'uomo delinquente.
Il primo insegnamento
Dopo il
trasferimento dall'ospedale di Genova a
quello divisionario di Pavia sembrò ormai raggiungibile l'obiettivo
di avviare un insegnamento clinico importante; così, nonostante le
riserve a causa dell'ostacolo di disporre di un reparto di malati per
lo studio pratico della clinica delle malattie mentali, al Lombroso
venne richiesto l'insegnamento in un corso libero e gratuito, a
partire dal 6 dicembre del 1862. Dopo poco tempo anche la principale
difficoltà logistica venne appianata grazie all'intervento
del rettore (il
Cantoni) che, dopo aver in prima istanza acconsentito all'istituzione
di un corso di quella materia, in seguito si interessò anch'egli
alla stessa, come è documentato dalla corrispondenza tra lui ed il
Lombroso. Successivamente le cose migliorarono per il nostro.
Infatti, il direttore dell'ospedale comunale di Sant'Eufemia (lo
Zanini) si adoperò per venire incontro alle esigenze del
neo-insegnante, mettendo a disposizione sua e dei suoi allievi il
reparto degli 'alienati maschi', di 15 posti letto, per tutto il
tempo del corso teorico, in modo tale da affiancare alla teoria
la clinica,
a condizione che il docente si
comportasse come un primario dell'ospedale.
Così alla
fine di luglio si concluse il primo corso, come testimoniato
dall'attestato rilasciato al docente in data 4 luglio, onde
testimoniarne "la di lui somma diligenza ed il distinto suo
zelo". Altra testimonianza del buon esito dal punto di vista
intellettuale di questa prima prova del Lombroso può essere la
pubblicazione ne L'appendice
psichiatrica,
il 4 maggio, della 'Prelezione al corso di clinica delle malattie
mentali',
ovvero la pubblicazione della prima lezione del corso, tenuta dal
Lombroso, sulla 'Gazzetta medica italiana, Lombardia'
del primo giugno. In questi documenti è palese la passione ed il
profondo interesse scientifico del nostro per la scienza,e per la
scienza medica psicologica in particolare, per via della complessità
stessa della materia, per il decorso così differente delle malattie
mentali dalle altre patologie, per la difficoltà nella diagnosi,
impossibile da formulare basandosi univocamente sul fattore
scientifico, e per la molta incertezza e sperimentalità dei metodi
curativi.
Tuttavia,
oltre all'interesse propriamente scientifico, il Lombroso ha sempre
convissuto con la passione per la storia e soprattutto per
lostoricismo,
al punto da integrare queste due costanti dei suoi studi nello studio
clinico dell'"intelligenza"
a favore del quale spezzava una lancia allo scopo di approfondire la
conoscenza della fisiologia del pensiero,
attraverso lo studio dei neoplasmi e
della formazione del callo (approfondimento istologico dei tessuti).
Nondimeno l'influenza della psiche stessa
all'interno delle varie patologie ed in relazione ai diversi
pazienti; una differenziazione che potrebbe ricordare vagamente
quella che sarà la futura metodologicità freudiana, sebbene siano
molti gli elementi dissonanti tra questi due personaggi, nonché
vasto l'intervallo temporale. Fulcro del metodo del Lombroso era la
cosiddetta 'pura
psicologia',
indispensabile, a suo avviso, per spiegare fenomeni quali
le allucinazioni ed
i fenomeni dell'"idea", riconducendo a sub
specie historica le
varie forme di malattia, in una concezione che faceva del 'manicomio'
un compendio evidentissimo dello sviluppo umano, quasi un campionario
storico, dalla 'tabula
rasa'
del selvaggio, sino ai lampi di genio della follia. Nel1898 inaugurò
a Torino un museo di psichiatria e criminologia (più tardi chiamato
"di antropologia criminale").
Il
museo, per lungo tempo chiuso al pubblico (la collezione costituita
da migliaia di pezzi tra reperti anatomici, manufatti e scritti di
criminali ed alienati, reperti probatori, armi proprie ed improprie,
strumenti scientifici, documenti e fotografie, ecc. era parzialmente
accessibile soltanto per motivi di studio e di ricerca) è stato
inaugurato di nuovo il 26
novembre 2009 e
nuovamente aperto al pubblico. L'odierno allestimento è opera
dell'architetto Massimo Venegoni.[3]
Il primo caso
Dopo il
1870, data assunta come inizio del 'periodo pesarese', e dopo gli
studi condotti sulla pellagra,
il Lombroso si concentrò più propriamente sullo studio
dell'antropologia,
dei pazzi e dei criminali, giacché in questi gli sembrava di
rinvenire maggiormente le 'stigmate del primitivismo'.
Il primo caso che si trovò ad esaminare fu quello del brigante
Giuseppe Villella, settantenne, datosi alla macchia nei monti.
L'autopsia del
Villella, probabilmente una di quelle che più si impressero nella
mente del Lombroso, evidenziò alla base del cranio la
fusione congenita della parte corrispondente dell'occipite con
l'atlante,
ed altre caratteristiche anomale, quali ad esempio la mancanza della
cresta occipitale interna, la deformazione della cresta mediana ed
altre deformazioni delle ossa
craniche,
che spinsero il Lombroso a considerare che quelle peculiari
caratteristiche ossee avessero avuto una certa qual influenza
sull'attività delcervelletto;
la probabilità dell'eziologia di
queste anomalie poteva essere imputata ad un arresto allo stato
fetale nello
sviluppo delcervello,
considerazione evidentemente embriogenetica che
mise il Lombroso sulla strada che accostava l'analisi
evoluzionistica allamedicina
legale applicata
alle patologie, attraverso un iniziale confronto con i primati.
Infatti il
trovare negli uomini la fossa
mediana,
di norma presente solo in primati e gorilla,
suscitava l'ipotesi che fosse presente un nesso tra l'evoluzione
naturale della specie ed i comportamenti del singolo all'interno del
contesto sociale. Un primo accenno di ricerca in questo senso si può
ricondurre all'anno 1869 in cui studiosi inglesi avevano riscontrata
la capacità
cranica dei
delinquenti minore di quella dei pazzi, ed anno in cui
il Golgi stesso
studiava le relazioni eziologiche tra delitto e pazzia. Fu così che
nacque la 'convinzione
atavica'
avallata da un secondo caso, quello del contadino Vincenzo
Verzeni,
omicida ed antropofago, che presentava caratteri atavici o
d'involuzione,
vale a dire di 'mancata evoluzione', che, secondo il Lombroso,
avrebbero, in una certa qual misura, motivato le manifestazioni
'anomale' della sua condotta, derivanti, indipendentemente dall'atto
di scelta volontaria e cosciente, direttamente da deviazioni della
struttura fisica. Il problema che si presentò al Lombroso fu quindi
quello di ridefinire alla luce di queste intuizioni e teorie il
problema del delitto in termini di libero
arbitrio e
di responsabilità, ovvero di educazione, od addirittura di terapia.
Le parole del Lombroso sono al riguardo vistosamente influenzate da
un determinismo assoluto,
derivante dal procedere delle indagini, preminentemente sperimentali,
intrecciate con studi psichiatrici sia sulla pazzia sia sul
cretinismo in genere, da cui prenderà corpo la 'teoria dell'uomo
delinquente'.
La morte
L'autopsia di Cesare Lombroso
Dopo
la morte di Cesare Lombroso, il suo corpo fu sottoposto ad autopsia.
In base ai risultati di essa, si disse che Cesare Lombroso sarebbe
stato da ritenere, secondo le sue stesse teorie, "affetto
da cretinismo perpetuo".[4]
Teorie
Il pensiero di
Lombroso si può riassumere genericamente in una sua famosa frase:
“il criminale è un essere atavistico che riproduce sulla
propria persona i feroci istinti dell'umanità primitiva e degli
animali inferiori”
Genio e follia[5]
All'inizio
l'opera di Lombroso dovette combattere per sradicare
i pregiudizi morali
relativi alla delinquenza,
ormai ben radicati nelsubstrato
sociale.
Infatti, la maggior parte dei contemporanei continuava a considerare
i delinquenti unicamente colpevoli, reputando irrilevanti gli studi
di Lombroso. Nonostante ciò la teoria dell'equivalenza epilettica
del delitto (o meglio, della sua componente epilettica) guadagnava
terreno, benché proclamata relativamente tardi (ma già
individuabile in testi quali Genio
e Follia e Du
démon de Socrate(1836,
del francese Lélut).
L'interesse per il genio derivava anche da concezioni residue di
stampo illuminista relativamente ad un'immagine della storia come
'catastrofica' (nel senso greco di catastrophè),
caratterizzata da subitanei rivolgimenti dovuti a cause naturali o
individuali (cioè i genii), teoria avallata
dall'evoluzionismo emergente
contemporaneo al Lombroso che tendeva a considerare a tal proposito i
geni come una certa qual sottospecie di eroi.
In una
pubblicazione di Lombroso al riguardo, Sulle
malattie proprie degli uomini dati ai lavori intellettuali,
è concepito il legame tra genio e follia, che aveva collegato a
questi due fattori anche peculiarità fisiche riscontrate dal
Lombroso nei pazzi. Nei vari manicomi in
cui condusse le sue analisi, il Lombroso oltre a trovare le tare ed i
difetti, le anomalie individuali, aveva trovato anche lampi
di genialità e
passione, coltivando ipotesi che per certi versi lo allontanavano un
po' dalla teoria epilettica. Era stato molto colpito dalle idee dei
pazzi, dai loro lavori ingegnosi e dai loro calcoli prodigiosi,
continuando sulla strada secondo cui tra i pazzi abbonderebbero i
fondatori di religioni e partiti, come, ad
esempio, Lutero, Savonarola e Giovanna
d'Arco.
Le distrazioni dei genii erano ritenute dal Lombroso come momenti
di assenza
epilettica,
così come le loro visioni notturne
(in Dostoevskij, Maupassant, Musset),
le malinconie (Voltaire, Molière,Chopin, Giusti),
i tentativi di suicidio (Rousseau, Cavour, Chateaubriand),
le megalomanie (Maometto, Colombo, Savonarola, Bruno),
la timidezza (Leopardi),
l'amore infantilistico (Dante, Alfieri, Byron).
Fisicamente
il Lombroso asseriva la predominanza tra i geni di caratteristiche
quali il pallore, la magrezza o l'obesità, l'essere rachitici,
sterili o celibi, di cervelli per la maggior parte di volume
superiore alla media e con deformità (come le suture anormali nel
cranio diVolta);
esistevano poi anche casi in cui i genii erano totalmente ed
irreversibilmente pazzi, non soltanto in alcuni momenti o in
manifestazioni latenti, si vedano gli esempi
di Tasso, Gogol, Ampère, Kant e Beethoven.
Tuttavia insieme a queste analisi caratteriali, il Lombroso sosteneva
anche alcune teorie più opinabili, come ad esempio quella che le
grandi variazioni barometriche e la canicolainfluenzerebbero
la pazzia e le grandi scoperte o le osservazioni più acute
(adducendo come esempi i casi di Malpighi e Galvani).
Dal 1876 divulgò
la propria teoria antropologica della delinquenza nelle
cinque successive edizioni de L'uomo
delinquente,
che successivamente espanse in un'opera in più volumi. Tra i massimi
studiosi di fisiognomica,
Lombroso misurò la forma e la dimensione del cranio di
molti briganti uccisi
e portati dal Meridione d'Italia in Piemonte, concludendone che i
tratti atavici presenti riportavano indietro all'uomo primitivo. In
effetti quella che sviluppò fu una nuova pseudoscienza che
si occupava di frenologia forense.
Egli dedusse che i criminali portavano tratti anti-sociali dalla
nascita, per via ereditaria, cosa che oggi si considera del tutto
infondata. Da notare che Lombroso aveva sviluppato la teoria
dell'atavismo un
anno prima della pubblicazione de L'origine
delle specie di Darwin (1859).
Di fatto il
suo lavoro nella prima metà del XX
secolo venne
strumentalizzato nel contesto dell'eugenetica e
da certe forme di "razzismo
scientifico".
Lombroso sostenne sempre con forza la necessità dell'inserimento
della pena
capitale all'interno
dell'ordinamento italiano. Riteneva infatti che se il criminale era
tale per la sua conformazione fisica, non fosse possibile alcuna
forma di riabilitazione, individuando in tal modo l'obiettivo cui il
sistema penale doveva tendere per la sicurezza della società.
Alcuni
degli studi più strani effettuati da Lombroso nel corso della sua
vita di ricercatore furono La
ruga del cretino e l'anomalia del cuoio capelluto, L'origine
del bacio, Perché
i preti si vestono da donne.
Nel 1891 pubblica
in collaborazione con Filippo
Cougnet un
libro intitolato Studi
sui segni professionali dei facchini - Il cuscino posteriore delle
ottentotte - Sulla gobba dei cammelli - Sulla gobba degli zebù e
nel 1896 un
lavoro su Dante
epilettico.
Un importante collaboratore "involontario" di Lombroso nei
suoi studi fu Giuseppe
Villellanato
a Motta
di Santa Lucia e
morto presumibilmente a Pavia,
pluripregiudicato per incendio e furto e sospettato di brigantaggio.
È dallo studio autoptico del suo cadavere che Lombroso scopre la
cosiddetta "fossetta
occipitale mediana":
l'anomalia della struttura cranica fonte, a suo dire, dei
comportamenti devianti del "tipo criminale". Anche i resti
di Lombroso sono conservati nel Museo di antropologia criminale
"Collezione Lombroso" presso l'Istituto di medicina legale
a Torino, per sue ultime volontà: l'intero scheletro in una teca e
la testa priva di cranio, in formalina.
In un
recente studio di antropometria, La
vera storia del cranio di Pulcinella,
il naturalista napoletano Dario
David ha
messo in luce che in un campione di individui abbastanza esteso,
costituito da ex detenuti, confrontato con un campione di individui
mai stati sottoposti a misure detentive, i tratti somatici del
"delinquente" di Lombroso avevano percentuali
significativamente diverse a seconda del quartiere di Napoli da cui
proveniva il campione: 50% in alcuni zone popolari
(Forcella, Sanità, Quartieri
Spagnoli e
soprattutto il Cavone),
12% in tutti gli altri quartieri. La causa più probabile, essendo i
campioni provenienti da quartieri aree diverse della medesima città,
sembra essere il fatto che quei tratti somatici si siano sviluppati
in abbondanza in zone particolarmente chiuse e isolate (socialmente e
geograficamente) dove la cristallizzazione di un dato carattere sia
più facile.
In queste stesse
zone vigeva un regime di povertà e abbandono da oltre 400 anni, e
quindi vi era un maggiore rischio di insorgenza criminale (rispetto
ad altri quartieri della stessa città). In un certo senso si può
oggi parlare di "ragioni di Lombroso": la concomitanza tra
caratteri somatici e comportamento umano potrebbe esistere, ma di
certo non secondo il legame diretto causa-effetto, della teoria
atavica, che fu ipotizzato dall'autore. Da un punto di vista
metodologico e statistico i testi di Lombroso difettano per
l'esiguità e la mancanza di bilanciamento dei campioni considerati,
questo ad ulteriore danno della scientificità delle conclusioni
ottenute.
I mattoidi
Negli
individui definiti dal Lombroso 'mattoidi' si diversifica
l'impulsività epilettica, rispetto agli accessi impulsivi e
preminentemente contraddittori caratteristici dei criminaloidi.
Questi soggetti vengono accostati al cosiddetto 'genio',
caratterizzato dall'istantaneità creativa dell'ispirazione,
dall'irresistibilità all'estro, dalle assenze e dall'amnesia,
ricordando come caratteristica principale dell'intellettogeniale
quella che il Lombroso definiva 'creazione incosciente' (non a caso
accostata al fenomeno singolare dell'epilessia).
La classe dei mattoidi era quella situata esattamente sul confine tra
saviezza e follia, caratterizzata da una paranoia a
sé stante, indipendente da quelle che le sono vicine. Infatti a
differenza dei pazzi comuni, i mattoidi conducono una vita normale,
sebbene castigata in certo qual modo. La loro sobrietà, in quanto
innaturale e forzata, può talvolta raggiungere l'eccesso,
avvicinandoli a certi geni del bene o grandi pensatori, con i quali,
precisa il Lombroso, essi non hanno nulla in comune, facendogli così
guadagnare il favore delle folle. Sono tipi umani concentrati
sull'ordine, pedanti, abili e di buon senso nella quotidianità, al
punto che sono capaci di occultare la loro follia.
Spesso il loro ruolo sociale è quello di patrioti o
spiriti umanitari, capaci di influenzare le folle con la loro audacia
e le loro fanatiche convinzioni.
Tipiche dei
mattoidi erano considerate le tendenze metafisiche, la passione delle
minuzie, la smania paranoica del voler rinvenire una ragione logica
in cose che fondavano su altri elementi la loro esistenza. Ad
un'analisi più attenta risulta chiara l'influenza, nell'analisi di
questi personaggi da parte del Lombroso, dell'impostazione
positivista, che procedeva elencando pedissequamente le peculiarità
di questa classe, facendovi rientrare uno straordinario numero di
individui. Il loro modo di ragionare procedeva per analogia, giochi
di paroleed
immagini poetiche, un vasto campionario della
loro irrazionalità sarebbe
dovuto al fanatismo 'economico'
(che aveva preso il posto di quello religioso), di carattere
socialista ed anarchico. Ma, oltre all'elemento epilettico ed al
fattore ambientale, il Lombroso riteneva che l'eziologia del
delitto non potesse essere ridotta a questi due termini, lasciando da
parte il fattore genetico ed embriogenetico.
Perciò
introdusse anche l'elemento ereditario, distinguendo
l'eredità diretta,
dei fattori criminaloidi, vale a dire quella derivata direttamente
dai genitori,
e quella indiretta, derivante invece dalla famiglia degenere, che
influivano sulla formazione del criminale come il clima sui delitti;
infatti secondo il Lombroso i mesi caldi favorivano i delitti di
sangue mentre i cambiamenti di tempo e l'avvicinarsi delle tempeste
predisponevano agli attacchi epilettici. Tra i delinquenti nati
(epilettici, pazzi morali irriducibili) ed i delinquenti pazzi
(dipsomani,
isterici ed allucinati) si collocano quindi i criminaloidi, cui non
mancano istinti inibitori e sono riducibili quantitativamente quelli
egoistici. Socialmente parlando, il Lombroso riteneva che attività
quali il commercio, la politica e la vita militare li facilitassero
nel delitto, che la paura della pena avesse
il potere di frenarli, mentre, una volta in carcere, venissero
irreversibilmente trasformati in rei d'abitudine.
I caratteri atavici
Al centro
della nuova scuola antropologica stavano le concezioni del Lombroso a
proposito dell'uomo delinquente,
distinto dall'alienatonon
delinquente concepito dapprima come un superstite selvaggio. Oltre al
delinquente nato c'erano, per il Lombroso, il mattoide ed
il delinquente di occasione. Antropologicamente il delinquente
appariva come un primitivo più prossimo ai primati
infraumani,
capace di compiere azioni un tempo ritenute oneste, ma considerate
delitti dalla società contemporanea con la quale si trova a
contatto. I caratteri che manifestano l'atavismo e
la degenerazione sarebbero
esplicitati fisicamente dalla presenza di caratteristiche quali le
grandimandibole,
i canini forti,
gli incisivi mediani
molto sviluppati a discapito dei laterali, i denti soprannumerari
o in doppia fila (come neiserpenti),
gli zigomi sporgenti,
le prominenti arcate
sopracciliari,
l'apertura degli arti superiori di lunghezza superiore alla statura
dell'individuo, i piedi prensili, la borsa guanciale,
il naso schiacciato,
il prognatismo,
le ossa del cranio in soprannumero (come negliIncas,
nei Peruviani e nei Papua) ed altre anomalie fisiche e scheletriche
nonché caratteri funzionali diversi da quelli dell'uomo evoluto; ad
esempio una minore sensibilità al dolore, una più rapida
guaribilità, maggiore accuratezza visiva e dicromatopsia ed
anche tatuaggied
accentuata pigrizia.
Nei
cosiddetti 'normali' non sarebbero riscontrabili cotante anomalie
funzionali e costituzionali, come provato dalla comparazione tra 340
grandi criminali e 711 soldati. La convinzione del Lombroso era
quella che finanche l'utilizzazione dei ritrovati della civiltà
fosse per il delinquente mezzo di appagamento di istinti egoistici,
antisociali ed impulsivi. Dal punto di vista strutturalistico
l'analisi condotta comportava le conclusioni che, essendo considerato
delitto presso i selvaggi ed i primitivi il gesto che infrange
l'usanza',
se nell'uso fossero passate azioni per noi criminose non vi potesse
esser modo di qualificare come 'delinquente' chi le commettesse, in
quanto ormai parte dell'usanza della comunità. Per il Lombroso il
delinquente nato si identifica col delinquente epilettico, nonché
col pazzo morale e fornisce, come variazione antropologica, il
delinquente alienato. Il delinquente è caratterizzato dall'assenza
del senso
morale(insensibilità, cinismo, apatia)
e dell'imprevidenza.
Il delinquente di abitudine ha sue proprie caratteristiche
attenuatamene patologiche, perciò assimilabile a delinquente per
passione, che agisce in seguito ad un offuscamento momentaneo
del senso
morale e,
tuttavia, non è mai recidivo.
A
differenza di quest'ultimo il delinquente d'occasione ha congenito
uno scarso senso morale e può diventare con ogni probabilità
recidivo. Cause esterne del delitto erano, per il Lombroso, le
condizioni sociali, le influenze climatiche, la mancanza di
un'educazione morale e sociale, la miseria, i difetti di
legislazione. Vi erano tuttavia anche cause innate, interne
all'individuo od acquisite dallo stesso nel corso della propria vita,
quali ad esempio le lesioni del capo, le malattie che aggrediscono
l'asse
cerebro-spinale,
ma anche l'alcoolismo,
e tutte quelle patologie che si manifestano dal punto di vista
psichico come caratteri di arresto dello sviluppo e disordini
nell'intelligenza e
nell'affettività più
propriamente.
La patologia femminile
Sono da
menzionare anche le analisi compiute dal Lombroso riguardo
alle patologie femminili,
completando il richiamo all'evoluzionenell'affermazione
che la donna avrebbe minori 'stigmate
degenerative',
perché le sue caratteristiche psichiche e fisiche tendono a variare
in misura minore che negli individui maschi. La minore frequenza del
tipo criminale della criminalità-nata nel soggetto femminile non era
tuttavia abbastanza per impedire la creazione di un'immagine poco
morale della donna. Accanto alle constatazioni più propriamente
fisiologiche questa volta si trovarono a confrontare anche fatti e
credenze di costume sociale: ad esempio il fatto che l'equivalente
femminile degli atavismi maschili
potessero essere più che il delitto,
azioni quali la prostituzione,
parallelo femminile del furto nell'uomo.
Così il passo dai problemi fisio-antropologici a quelli sociali ed
etici era molto breve e potrà aiutarci nella riflessione il
considerare la posizione del Lombroso: preminentemente scienziato,
incline all'emancipazione
femminile nel
combattere le coercizioni crudeli di sempre che accrescevano la
condizione di sottomissione della donna.
L'analisi
partiva, statisticamente, dal rapporto di ciascun campione con una
tipologia di donna definita 'normale' (come gli scarti dei
valori statistici dalla media
aritmetica).
L'anatomia e
la biologia della
donna erano strumenti di conferma della sua inferiorità di statura e
peso dopo la pubertà,
rispetto al maschio; molteplici furono le osservazioni sui vari
organi, sul sangue e sul suo contenuto in globuli
rossi (inferiori
nella donna), sul cranio e sul peso del cervello. L'analisi
psicologica invece è dominata da un atteggiamento strutturalista;
secondo i più la donna sopportava meglio le disgrazie, era più
irritabile e sovente dominata dall'amore
materno,
anche indiretto. Secondo il Lombroso caratteristiche proprie del
genere femminile erano il misoneismo,
l'intelligenza automatica ed intuitiva, l'iracondia e
la coscienza giuridica
nonché la propensione "ciarliera". La definizione della
degenerazione femminile e delle forme patologiche di interesse ai
fini dell'opera fondava il proprio agire sulle ricerche
anatomo-patologiche, considerate di maggiore utilità rispetto
all'antropometria cranica;
le anomalie patologiche degne di nota erano: apofisi ingrossate,
bozze temporali, parietali ed occipitali molto sviluppate, fronti
sfuggenti o strette, fossette
occipitali, platicefalia, prognatismi, sclerosi
craniche, zigomi sporgenti, ossa
wormiane.
Molti studi condotti sulle 'prostitute' rilevarono la presenza di
patologie quali asimmetria cranica, troncocefalia, idrocefalia e
soprattutto altre anomalie del cranio e dei denti.
Le
criminali-nate erano, secondo il Lombroso, in minor numero ma spesso
di maggior efferatezza dei criminali-nati(maschi), alcuni elementi
poco presenti nell'eziologia dei delitti maschili (ad esempio
la premeditazione)
sarebbero invece presenti in modo evidente nei gesti scellerati delle
donne, portando alla predominanza del delitto passionale egoistico e
del suicidio.Quantunque da un'attenta osservazione dei dati
statistici rilevati possano sembrare affrettate, le conclusioni del
Lombroso su questo tema vanno tenute comunque in considerazione, se
non altro per il fatto che hanno dato inizio all'analisi di queste
tematiche (ponendo l'accento anche sull'aspetto più biologicamente
sessuale) in un periodo in cui questa classe di problemi incominciava
appena ad essere considerata scientificamente dal punto di vista
medico ed anatomo-fisiologico.
I delinquenti ed il fattore epilettico
Già in
tempi relativamente precedenti alle elaborazioni del Lombroso,
studiosi quali il Maudsley asserivano che la criminalità è
una varietà di neurosi e
che i delinquenti fossero degenerati ereditarii. Le cause della
degenerazione potevano essere ricondotte in primis all'alcool ed
alla pellagra ma
anche elementi quali industrie, professioni, miserie, non andrebbero
scartati. Il Lombroso proseguì sulla strada già intrapresa
dall'Antonini,
che sosteneva che tutte le degenerazioni sarebbero osservabili per
alterazioni fisiche, intellettuali e/o etiche. Nella formulazione più
propriamente 'definitiva' dell'uomo delinquente mancavano però
ancora due elementi; vale a dire il fattore epilettico e la varietà
politica. Il primo di questi due elementi testimonia evidentemente
l'affievolirsi dell'elemento storico ed il sopravvento della visione
strutturalistica tipico
dell'ultima fase del positivismo,
elemento suggerito a Lombroso da due suoi casi.
Il primo
era quello di un nobile, le cui "stranezze sadiche" furono
considerate dal Lombroso come equivalenti all'accesso
epilettico,
il secondo era quello della strage compiuta tra i commilitoni dal
soldato calabrese Misdea, che inoltre, al risveglio dopo il fatto
delittuoso non mostrava né completa incoscienza (come i malati di
epilessia), né alcun rimorso (comportandosi dunque come i
delinquenti nati). Le discussioni riguardo l'influenza del fattore
epilettico sul gesto delinquenziale fervevano già dal decennio
precedente a questi due casi, quando l'analisi più propriamente
scientifica del fenomeno dell'epilessia aveva
condotto ad innovative quanto inquietanti scoperte, sia per
l'immensità dell'orizzonte medico e patologico, sia per gli
opinabili metodi di sperimentazione. L'epilessia appariva agli
studiosi come la spiegazione dell'arresto di sviluppo riscontrabile
nei delinquenti e della pazzia morale nel suo scatenarsi accessuale.
L'attenzione era concentrata sulle anomalie
ataviche,
sulla sclerosi
cronica,
sulla submicrocefalia,
sulle asimmetrie,
sullo strabismo,
sull'omodontia ed
inoltre sull'eccessiva agilità, sull'ottusità
sensoriale e
sulla ristrettezza del campo visivo. Secondo quanto si credeva allora
l'epilessia (nella sua forma di attacco convulsivo, improvviso,
reiterato, accompagnato da incoscienza) era provocata da irritazione
del midollo
spinale o
dei lobi
laterali dell'encefalo.
La
delinquenza era quindi paragonata ad una trasformazione
dell'epilessia, classificando così la delinquenza stessa tra le
forme di epilessia, provocata dall'eccitazione dei lobi
frontali della zona
motoria.
Essendo questa un'affezione
congenita della corteccia
cerebraleil
compimento di certi delitti coincideva col manifestarsi di certi
altri tipi di epilessia, anche con caratteristiche diverse tra loro.
Le forme più oscure di delinquenza andavano allora ricondotte ad
un'epilessia psichica. Si diceva 'prolungando l'accesso psichico
all'infinito si ottiene il pazzo morale, il delitto diventa per lui
un bisogno'. A tale proposito il Roncoroni trovò
un'anomalia istologica dello strato
granulare profondo,
inversione degli strati piramidali e delle piccole cellule. La
conclusione logica era che il delinquente non era che un malato. Il
Lombroso studiò la fisionomia di 410 epilettici e vi trovò in 1/4
dei casi la convivenza dei caratteri degenerativi attribuiti ai
delinquenti. Da queste convinzioni deriva la teoria che gli accessi
degli affetti da epilessia sarebbero paragonabili a quelli dei pazzi
morali. La molteplicità ed indipendenza dei centri
corticali motivava
la varietà delle epilessie, legate alla diminuita azione direttrice
dei centri superiori ed all'aumento dell'eccitabilità dei centri
sottoposti.
Il Delitto Politico
Sono
testimoniate le ricerche compiute da un assistente del Lombroso,
Virgilio Rossi, riguardo ai rapporti esistenti tra rivoluzioni,
clima, razze, stagioni ed ambiente geografico, elementi da cui muove
l'elaborazione teorica riguardante il concetto stesso di 'delitto
politico'
ad opera del Lombroso, che non si limita a definirlo, esplicitandone
le probabili cause. Il delitto politico era considerato dal Lombroso
come una 'forza' all'interno del corso storico; quest'ultimo, come
ogni evento in natura, segue una legge d'inerzia che tende a far
persistere le cose nel modo in cui si trovano in un determinato
momento: avviene un delitto politico quando a questo procedere
naturale si oppongono altre forze dovute al dinamismo storico, che
segnano un brusco cambiamento dal passato. Il delitto politico è un
gesto che attenta alla compagine di regole stabilite, alle tradizioni
storiche e sociali esistenti, urta bruscamente contro la legge
d'inerzia e si opera sempre per ideali grandiosi
contro un'istituzione che impedisce l'ulteriore progresso di un
popolo.
Occorre
però distinguere tra 'rivoluzione'
e 'rivolta',
in quanto la prima è espressione storica dell'evoluzione contro una
causa di oppressione atroce, la seconda è l'opera di una minoranza
che eccede in filoneismo o misoneismo (a
seconda dei casi) al fine di imporre delle idee non volute dalla
maggioranza. Il Lombroso considerava però che entrambe queste
manifestazioni avessero una causa comune: i climi, le razze, le
religioni, la miseria, potevano fornire talora i motivi di una
rivoluzione, talaltra quelli di una rivolta. Secondo il Lombroso i
mesi estivi favorivano le rivoluzioni e le rivolte, le montagne
sarebbero state "habitat"
di conservatori e controrivoluzionari,
mentre invece le colline ospiterebbero geni e rivoluzioni, i popoli
agricoli sarebbero misoneici, quelli industriali filoneici, la lotta
di classesarebbe
il maggiore fattore di rivolta. Non andava sottovalutato nemmeno il
fattore psicopatico, in quanto l'imitazione ha un ruolo non poco
importante nella riuscita di una rivoluzione o di una rivolta.
Fattori
quali la miseria rafforzerebbero i misoneisti in un paese povero, ed
i filoneisti in un paese ricco, contrariamente a quanto si potrebbe
pensare. Delinquenti politici erano quindi quegli uomini
che abbraccian
la bandiera del progresso.
Dopo che il Lombroso ebbe letto L'idiota di Dostoevskij (genio
epilettico) gli fu confermata la tesi dell'esistenza di un nesso
tra epilessia,
genio e pazzia.
Le opere che nacquero da queste analisi sono: Genio
e Follia, Genio
e Degenerazione (1901), Nuovi
studi sul Genio (1902),
dove sono approfondite le notizie su personalità storiche quali
il Manzoni, Cristoforo
Colombo, Cesare
Beccaria, Tolstoj[6], Petrarca ed
altri.
La psicologia collettiva
Il Sighele,
considerato uno dei fondatori della psicologia
collettiva in Italia,
riconobbe i meriti del Lombroso in questo settore. Infatti il
Lombroso anticipò, per certi elementi, la vera e propria psicologia
collettiva: secondo lui l'aggregato non riproduceva sempre
pedissequamente i caratteri degli individui che lo compongono (tesi
invece sostenuta dallo Spencer),
ma talvolta li modificava, snaturandoli in modo peggiore o migliore
del loro stato naturale; un esempio addotto come probante era quello
che in un gruppo di persone 'onorate' solitamente non si osserva la
somma delle loro virtù,
bensì la loro sottrazione.
Secondo il
Sighele le opere più rappresentative del Lombroso per quanto
riguarda la psicologia collettiva sono Il
delitto politico e le Rivoluzioni e La
Delinquenza nella Rivoluzione Francese,
dove vengono considerati accuratamente i rapporti
tra follia e criminalità,
lafollia
endemica ed
epidemica nel contesto delle rivolte e delle rivoluzioni, i criminali
politici per
suggestione epidemica delle masse, l'anima collettiva e l'influenza
che ha su di essa il fenomeno dell'imitazione, del contagio morale e
della suggestione, l'obiettivo nobile che si ritiene perseguibile
unicamente e doverosamente attraverso i reati, in linea con la
convinzione che la psicologia
delle scienze,
come quella delle leggi e delle istituzioni in genere fosse un ramo
di una psicologia delle
menti associate, quasi una struttura sovrapposta alla più diretta
psicologia delle menti individuali.
Il fattore antropologico
L'influenza dell'antropologia positivista
È
innegabile il ruolo preminente occupato, almeno all'inizio, dal
fattore antropologico nell'elaborazione della metodologia del
Lombroso. Occorre inoltre considerare il contesto all'interno del
quale si è sviluppata tutta la sua teoria,
vale a dire quello positivistico,
che promulgava la predominanza dell'intelletto e
della ragione,
della misurabilità e dell'approccio scientifico come l'unico dotato
di innegabile realismo e veridicità in opposizione a tutto ciò che
lo aveva preceduto. In questo ambito risultano giustificati gli
interessi del Lombroso per materie quali la razziologia,
l'antropometria,
l'etnologia e
la morfologia umana,
tutte materie, tra l'altro, riconducibili al più vasto ambito
dell'antropologia generale,
che essa stessa, sotto influenza positivistica, vede accentuata la
sua connotazione biologica e somatica, rispetto a quella filosofica e
culturale, in realtà parimenti importante.
I documenti
a cui rifarsi per comprendere appieno quale fosse il clima
antropologico che ha influenzato il Lombroso possono essere
l'Antropologium di Magnus
Hundt (scritto
risalente al 1501, molto rivalutato in epoca positivista), L'unità
della specie umana del
Quatrefages (che può essere considerato un compendio delle tesi
previamente esposte da personalità quali Louis
Agassiz e Broca),
nonché il materiale ricavato dal Morton,
da Gliddon e da Nott (ad esempio Types
of mankind del
1854, oppure Indigenous
Races of the Earth del
1858, ed infine Essai
sur l'inégalité des races humaines del
Gobineau, 1855). Va tuttavia considerato testo chiave dell'influenza
antropologica il saggio di Charles
Darwin On
the Origin of species,
giustamente ritenuto pietra miliare della nuova era antropologica e
biologica. C'è da dire inoltre che l'interpretazione positivistica
del Lombroso accantona il travaglio filosofico dello storicismo
del Vico circa
il graduale passaggio dal cosiddetto 'stato ferino' a quello umano,
preferendo orientarsi verso un'ipotesi scientificamente monogenista,
insistendo anche su Linneo (1735),
che inseriva tra gli antropomorfi anche creature quali l'Homo
Sapiens,
l'Homo Nocturnus e L'Homo Caudatus, ammettendo un principio di
mutamento, con la sparizione delle specie antiche e la nascita di
nuove, che per certi versi è rintracciabile anche nello stesso
Darwin. In questo modo il Lombroso iniziò a colmare il vuoto che
rimaneva tra lo studio della mente umana
e lo studio del corpo,
interessandosi ai fattori linguistici e più scientificamente umani
dei soggetti esaminati.
Erano già
stati pubblicati dal Morton nel 1839 i suoi studi sui crani americani
ed egiziani,nonché quelli del Davis per i crani britannici, dal
momento che la craniometria aveva
assunto una certa qual importanza, dopo il suo sviluppo nel
Settecento, quando la concentrazione era focalizzata sulla posizione
del foro
occipitale e
sulle differenze tra il cranio umano
e quello antropoide, ed in seguito quando si stabilì attraverso
misurazioni comparate come le razze formino una scala gerarchica il
cui gradino inferiore si collega a quelle antropomorfe. Il Lombroso,
dal canto suo, attribuiva grande importanza all'opera di Paul Broca
del 1860, che pubblicò le sue norme per indagini antropologiche,
giacché gli ideali di operosità ed attività antropologica e di
ricerca del Lombroso affermavano che il metodo positivo
rappresentasse una tappa fondamentale nel sapere, in quanto fondato
sulla misura, per lui sinonimo di obiettività e possibilità di
valutazione intersoggettiva comune, unità di metodo e, per certi
versi, maggiore certezza di risultati (sempre rispetto alle
metodologie di ricerca passate).
Divulgazioni e deformazioni delle teorie
A cavallo
tra Ottocento e Novecento si può riscontrare un'integrazione tra i
concetti di 'Uomo Delinquente' e 'Uomo Genio', con un ulteriormente
accresciuto peso accordato alla tesi dell'epilessia,
la cui analisi antropologica si andava estendendo ad un campione
molto vasto, anche grazie all'operato di quelli che si potevano ormai
definire "seguaci" del Lombroso. Bisogna dire che sul piano
naturalistico le elaborazioni lombrosiane hanno sempre mantenuto la
loro coerenza, perché costantemente riferite agli iniziali lavori
zoologici compiuti ed esaminati dal Nostro (anche attraverso lo
studio del Roux e
del Mečnikov)
che lo portavano alla conclusione checervello ed intelligenza siano
inversamente proporzionali a stomaco, muscoli ed ossa,
vale a dire quanto più si sviluppano i primi, tanto più vengono
trascurati i secondi, e viceversa. Di conseguenza
la genialità comporterebbe
una certa qual degenerazione, individuata dal Lombroso proprio nella
sua caratteristica epilettoide, testimoniata sia da analogie nelle
caratteristiche somatiche e psicologiche sia da genii che sicuramente
soffrirono di epilessia,
sia dall'incoscienza del momento creativo, nonché da certe
somiglianze tra le caratteristiche delle personalità esaminate.
Tuttavia
questo procedimento per analogie e
comparazioni si rivelò fallace nel momento in cui i suoi seguaci
tentarono di indagare in modo indipendente, al fine di dare riscontro
sperimentale alle loro teorie. Ne può essere un esempio
l'ampliamento dell'intuizione delMoreau con
la paradossale applicazione del Nordeau di
quelle teorie all'arte (sostenendo, quest'ultimo che le direzioni
della modanell'arte e
nella letteratura fossero
dovute alla degenerazione dei loro autori, e che gli ammiratori si
appassionassero per manifestazioni derivanti da pazzia morale),
oppure i tentativi di spiegazione fisiologica della genialità
nel Flechsig,
nel Gallerani,
ma anche la teoria biologica di Morselli e Venturi (che
consideravano i genii come variazioni divergenti in senso
progressivo, e le teorie sociologiche di autori quali Galton e
J.M.Baldwin.
Quelli che più si mantennero vicini alla metodica lombrosiana furono
il Roncoroni (un
tempo collaboratore nel Lombroso), l'Arndt ed
il Myers,
che individuarono relazioni specifiche tra genio e paranoia;
il Sergi ed
il Simonsconcentrarono
le loro attenzioni su 'input' lombrosiani riguardo alla precocità
del genio, alla genialità della donna ed alla longevità dei genii
(Thayer),
nonché a manifestazioni quali i sogni del genio (Morselli).
Il fenomeno
della genialità, sfuggendo ad un'analisi sistematicamente
scientifica, richiedeva un approccio di 'svisceramento antropologico'
che tentava di suddividere le fasi della creazione geniale (come ad
esempio nel Del
Greco).
In quel periodo la fama del Lombroso era divenuta notevole a livello
del grosso pubblico borghese cui non dispiacevano neppure taluni
aspetti del suo socialismo
conservatore;
i quotidiani ospitavano articoli di grandi e noti studiosi;
negli Stati
Uniti nacque
una serie di saggi su vari periodici (qualiOpen
Door e Popular
Science Monthly),
ma anche in Russia e
in Germania (Zukunft e Freie
Welt), che
deviarono poi la loro attenzione sull'analisi dell'estrinsecazione
simbolica di sentimenti e
stati d'animo attraverso gesti come il bacio,
il saluto ed
altri gesti di plauso,
tappe fondamentali di quella che sarà la successiva evoluzione
superorganica.
Il Metodo
Il fattore
antropologico, messo in primo piano dall'opera del Darwin,
contribuiva a saldare la cultura italiana a quella europea
all'interno del fervore positivistico, tramite il dilaceramento, nel
decennio decisivo del Risorgimento,
tra Chiesa e Stato,
dovuto alla troppa attenzione posta al piano scientifico, ed alla
carenza di analisi sul piano spirituale. Per quanto riguarda il
Lombroso sappiamo che non si discostò dal clima della sua epoca,
vale a dire che aderì al credo ed alla visione scientifica
positivista, concentrandosi sull'antropologia che,
a suo avviso, aveva ereditato e raggiunto lo scopo della filosofia,
attraverso la ricerca nelle misure e nell'empiricità, quelle
conclusioni per tanto tempo ricercate nelle combinazioni astratte
spesso influenzate dalle tradizioni; per il Lombroso l'antropologia
costituiva il fondamento del positivismo evoluzionistico
erigendosi, sempre a suo avviso, come una sintesi
di: anatomia,geologia, archeologia, linguistica, storia e statistica.
Risulta coerente con questa piattaforma ideologica la
conclusione,condivisa del Lombroso, che il medico avesse
delle applicazioni del tutto ovvie, giacché, abituandosi ad
introdurre i fattori numerici e le misure nella sua attività clinica
e di ricerca nello studio della psiche,
si apre alla medicina
legale ed
alla psichiatria un
campo inesplorato, fatto di indagini in cui sostituire alle
precedenti fraseologie fondate su una 'irrisoria sperimentazione' lo
studio della craniometria,
del peso del corpo, restituendo, dunque, il medico a sé medesimo.
Dal punto
di vista spiritualistico, evidentemente sopraffatto sul terreno
ideologico e culturale, a causa della presunzione di indipendenza
della cultura positivista, soltanto il Rosmini manteneva
il baluardo della necessità di utilizzare l'antropologia ai fini
dell'indagine filosofica e morale, dai più considerata nemica. Il
Lombroso, dal canto suo, formulò un discorso sulle razze originale
ed abbastanza aggiornato per gli standard dell'epoca, ma che ebbe
scarso seguito, a causa della limitatezza
della borghesia progressista,
nonché per l'onestà scientifica e lo spirito critico che gli
impedirono di formulare tesi eccessivamente rigide e nette al
riguardo. Va però sottolineato il fatto che l'antropologia fu per
lui più che un metodo una vera e propria episteme,
in cui convergevano senso storico ed esigenze strutturalistiche,
fiducia nella statistica e sperimentazione, visione evolutiva e
materialistica, fede nel progresso e nel miglioramento dell'umanità
(toccando anche temi proposti dal Cattaneo).
L'uso della statistica
La
convinzione dei realisti circa
l'esistenza dei fatti indipendentemente dalla loro interpretazione,
contribuiva massimamente a formare ilmetodo
sperimentale delle
scienze biologiche, che consisteva nell'analisi dei fatti, alla
stregua di qualsiasi altro fatto storico, come evento o serie di
eventi. La sperimentazione vera
e propria della singolarità di ogni evento si attuava come
riscoperta di eventi analoghi a quello considerato o in catene
casuali rinvenute parzialmente nella natura,
quindi non prodotte sperimentalmente dall'uomo; questo perché era
preminente la concezione dinamica della natura come storia (che
rimanda alle teorie del Vico,
di cui sappiamo il Lombroso sempre fu grande ammiratore). L'analisi
storica o genetica, costituente il metodo allora definito 'storico'
si annullava però quando lo studioso andava a ricercare
le eziologie o
le catene genetiche comuni, volendo trascendere l'elemento storico e
temporale, anziché insistere sulle peculiarità individuali del
presente.
Gli
individui si trasformavano allora in classi, strutture, astrazioni,
appariva palesemente il ripetersi delle vicende con un ritmo che
ricorda l'anaciclosi polibiana,
e che, in quel tempo, rassicurava sull'esistenza di un sapere sicuro
al punto di essere operativo e dimostrabile sulla base dello schema
intuito con la sperimentazione,
derivata alle tecniche
mediche dalle scienze
biologiche,
a conferma delle loro convinzioni realistiche. Il divenire e
la dialettica venivano
così assimilati a lotta per l'esistenza ed evoluzione,
gli antichi valori venivano travasati nella fede nella scienza,
riempiendo la pedagogia di medicina e
d'igiene anziché
di sapere e buon senso. L'enciclopedismo conferiva
alle individualità biologiche oggetto d'analisi non solo carattere
di individui empirici, ma di più grandiorganismi, generi e specie e
famiglie, concepiti come realtà effettivamente esistenti.
A tale
proposito la statistica,
attraverso la quantificazione dell'omogeneità o
analogia tra gli individui, sembrava essere il migliore degli ausili
al fine dell'analisi scientifica e della creazione di
una fisionomia organica
delle astrazioni dei dati sperimentali. Fondamentale fu la teoria
di Adolphe
Quételet che,
dal 1835, accostava al concetto di specie quello più propriamente
statistico di "uomo
medio",
elaborato in una serie di lavori statistici ed antropometrici da cui
si evince che le variazioni relative ai caratteri quantitativi sono
in realtà variazioni in difetto od in eccesso rispetto ad un valore
rappresentato dalla media
aritmetica di
tutti quelli trovati; dunque le deviazioni dalle
medie, se riferite ad un numero significativo di individui, erano
paragonabili a quelle che si presentavano nelle misurazioni compiute
in ambito fisico per le misure di precisione. Questi elementi vennero
tenuti a modello dal Lombroso nel corso delle sue indagini, infatti
egli cercò di applicarli alla realtà italiana ed a quei settori che
maggiormente lo interessavano (i.e. il cretinesimo e
le alienzazioni),
riconvergendo inevitabilmente in quella che è la legge
dell'errore formulata
dal Gauss.
Tipi di delinquenza e rimedi sociali
La scuola
penale positiva e quella lombrosiana avevano, dopo la diffusione
delle loro ricerche, stabilito una sorta di terminologia; i
"delinquenti d'occasione" erano quelli che trasgredivano la
legge per caso, i "delinquenti d'abitudine" erano invece
quelli occasionali recidivi, i "rei latenti" quelli cui
ancora non si era presentata l'occasione di delinquere, sebbene per
circostanze o predisposizione potessero più facilmente esserne
trasportati; socialmente si era considerato che a questa tipologia
appartenessero soggetti quali prostitute, marinai, artigiani, soldati
e professionisti. I "delinquenti per passione" invece
delinquevano per una certa qual causa altruistica, al fine di
sottrarre dal pericolo una persona amata, assolutamente
senza premeditazione,
spesso ripiegando nel suicidiorendendo
circolare il gesto delittuoso. L'istruzione,
secondo il Lombroso, diminuiva i reati di sangue ed accresceva invece
quelli di truffae
sessuali; la religione,
secondo il Lombroso, era aliena da qualunque influenza sul gesto
scellerato, sebbene
questa convinzione sia da imputare alla superficialità della
riflessione del Nostro sul fatto religioso in senso assoluto,
blindato precocemente nell'intellettopositivista
e sperimentalista, forse anche per reazione a certi comportamenti del
padre.[senza fonte] Anche
alcune malattie provocate dalla povertà avrebbero avuto un'influenza
sul gesto criminale, ad esempio patologie quali la pellagra,
l'alcoolismo,
la scrofola e
loscorbuto.
Secondo il
Lombroso la donna era propensa a compiere meno omicidio e truffa che
aborto ed infanticidio, i celibi e gli sposati senza prole
delinquerebbero più facilmente. Per il Lombroso le prigioni potevano
essere considerate come "università del delitto", capaci
soltanto di impaurire coloro che difficilmente delinquono. Secondo il
Lombroso la legge del perdono avrebbe
potuto dare buoni risultati ingenerando timore ed evitando di
sottoporre il reo alla degenerazione del carcere.
Le carceri dovrebbero trasformarsi in manicomi
criminali,
inseguendo l'obiettivo, promulgato dal Lombroso, di allontanare dalla
società il pericolo dei criminali nati e dei pazzi morali (le due
specie ritenute maggiormente pericolose); i riformatori dovrebbero
essere simili a famiglie (esperimento che si tentò a Torino),
ildivorzio avrebbe
rimediato all'adulterio e
l'abolizione del lavoro notturno avrebbe contribuito alla diminuzione
degli stupri; si prospettavano anche iniziative per ridurre
l'alcoolismo nella popolazione. L'attenzione del Lombroso in questo
settore era fondamentalmente rivolta alla cosiddetta "profilassi
del delitto", attraverso la lotta contro quelle che lui definiva
le tre grandi superstizioni del
suo tempo, le più ostacolanti e pericolose. La prima era quella
della "volontarietà dell'atto criminoso", la seconda
quella della "pena
dosimetrica"
e la terza quella dell'unicità geografica della legge
penale,
insistendo sulla necessità di un insegnamento superiore
di criminologia,
che avrebbe inevitabilmente contaminato anche lo studio superiore
del diritto
penale.
Fondamentale era per il Lombroso conoscere le cause interne
all'individuo e quelle esterne del delitto, tramite l'approfondimento
della sociogeografia.
Nell'analisi
dei criteri e dei mezzi di repressione andavano enumerate, secondo il
nostro, anche le influenze dettate dall'antropologia,
dalla psicologia e
dallo studio delle scienze ausiliari. Un programma simile sarà
accennato dal Cattaneo in una riforma radicale
delleleggi
penali e
del processo come
procedura, riconoscendo l'individualità antropologica del
delinquente al fine di assegnarlo al regime didetenzione più
appropriato alla sua condizione. Secondo il Lombroso,
la formalità del
processo ne soffocava la sostanza e la materia, occultando la realtà
con pregiudizi e presunzioni. Infine poiché, secondo il Nostro, nei
delinquenti abbondavano audacia ed amore del nuovo, questi potevano
essere reintegrati nel contesto sociale in situazioni quali
l'attività militare (ad esempio contro i briganti).
Ipnosi e spiritismo
Con
il libro del 1909 "ricerche sui fenomeni ipnotici e spiritici"
Lombroso abbandona una visione strettamente materialista e comincia a
credere a parte del soprannaturale[7]. Sembra
che l' incontro con Eusapia
Palladino sia
stato uno dei motivi di questo cambiamento di vedute[senza fonte].
Opere
Le prime elaborazioni teoriche sul caso del Cardano
"Sulla
pazzia del Cardano"
fu una delle sue prime opere: in essa prendono corpo le radici delle
sue teorie, che nascono da quella "simpatia che ci fa care le
sventure altrui", come la definisce il Lombroso stesso
intendendo con questa perifrasi l'interesse per i morbi in genere.
Così il
Lombroso si accostò alla teoria del personaggio domandandosi se il
genio del dotto possa in qualche modo confondersi con la follia,
problema già discusso da Forbes
Winslow.
In quest'opera il Lombroso si definisce "biografo e storico di
un ingegno celebre", e procede minuziosamente nell'elencare i
sintomi che accompagnavano la vita del personaggio, partendo
dall'infanzia (sogni ricorrenti, allucinazioni, manie di
persecuzione, ecc.) considerando il personaggio dal punto di vista
biologico, più che antropologico, come fosse "eredità fusa di
uno stupendo apparato nervoso suscettibilissimo e reso sempre più
vibrante dalle scosse della scienza e della gloria". Lo studio
del Lombroso in questo senso aveva già acquisito una metodologia,
avendo egli deciso di partire nella sua analisi cronologica dalle
vicende parentali ed anche più estesamente genealogiche ereditarie e
proseguendo poi nella conclusione che gli studi del Cardano
apparivano ad un occhio attento come sintomi di quell'impulso
nervoso, ma colorati dall'intuito del genio. Importante è la parte
centrale, che verte più prettamente sui nessi tra pazzia e sogno,
avviando ad individuare in episodi autobiografici del personaggio la
conferma di alcune leggi importanti per la storia della Psichiatria.
Considerazioni critiche
La teoria di
Lombroso ha senz'altro avuto meriti e demeriti dal punto di vista
storico, infatti egli è stato definito come “un uomo di genio a
cui mancò il talento”. Alcune critiche che gli possono essere
mosse sono le seguenti:
- Lombroso in linea di principio voleva reclamare il primato dell’antropologia criminale sul diritto penale, salvo poi dover ammettere di doversi piegare alle leggi dello Stato; infatti l’esistenza di un'attitudine alla delinquenza non era verificabile a priori, ma si poteva constatare solo dopo la commissione del reato.
- A Lombroso si può imputare l’accusa di cripto-abolizionismo, infatti voleva rifondare l’esperienza penale su basi scientifiche.
- L’antropologia criminale è una scienza empirica e quindi si basa su un sistema di ipotesi, ma Lombroso tentò di dar loro oggettività senza dimostrarle adeguatamente.
- La teoria dell’uomo delinquente fu formulata anche a scopo ideologico, infatti Lombroso voleva dire la sua per aiutare l’Italia postunitaria sul fronte del controllo sociale; infatti nella seconda metà dell'Ottocento in ambito di ordine pubblico vi era una situazione precaria, basta pensare ad esempio a un grosso problema come il brigantaggio.
Bibliografia
Per le sezioni
riguardanti le teorie del Lombroso si vedano i seguenti testi:
- Luigi Bulferetti, Lombroso, la vita sociale della nuova Italia del 1975, edizioni UTET;
- Studi per una geografia medica d'Italia di Cesare Lombroso;
- La medicina legale delle alienazioni mentali di Cesare Lombroso, 1865;
- Gazzetta medica italiana. Lombardia, 1864;
- Traitè du libre arbitre di Vauvenargues;
- Cesare Lombroso, storia della vita e delle opere di Gina Lombroso, 1921;
- C. Lombroso e l'antropologia criminale di B. Di Tullio, 1962;
- Il nuovo materialismo scientifico di A. Serrai, sul bollettino della società filosofica italiana, 1972;
- Osservazioni sul mondo esterno e sull'io di . Lombroso, 1932;
- Imbecillità morale in donna ladra e prostituta di C. Lombroso, da rivista sperimentale del 1881.
Note
- ^ Luigi Bulferetti, 1975, edizioni UTET Torino
- ^ settimanale Corriere di Chieri del 27/11/2009, p.17
- ^ Tiziana Catenazzo. Apre il museo Lombroso: i mostri dell'Ottocento. La Repubblica, 26 novembre 2009.
- ^ Riferito ad esempio da Flavio Caroli durante un'intervista al Giornale Radio 3 delle 8:45 di mercoledì 98 febbraio 2012 in cui presentava il suo recente libro Storia della fisiognomica. Arte e psicologia da Leonardo a Freud. Archivio GR in formato Microsoft Silverlight]
- ^ informazioni tratte dalla biografia del Lombroso a cura di Luigi Bulferetti "Lombroso, la vita sociale della nuova Italia" edizioni UTET del 1975
- ^ Nell'agosto del 1897 Lombroso fu per alcuni giorni ospite di Tolstoj a Jasnaja Poljana. L'incontro è ricostruito nel libro di Paolo Mazzarello, Il genio e l'alienista, Bollati Boringhieri, 2006.
Opere di Lombroso
- Studi per una geografia medica d'Italia, Milano, Giuseppe Chiusi, 1865
- L'uomo delinquente, Milano, Hoepli, 1876.
- Genio e follia, 3a ed. ampliata, con 4 Appendici, Milano, Hoepli, 1877 (prima ediz.: Milano, Giuseppe Chiusi, 1864).
- Considerazioni al processo Passannante, 1879, E. Detken, Napoli.
- Gli Anarchici,1894 rist. 2009, La vita felice, Milano.
- Le più recenti scoperte ed applicazioni della psichiatria ed antropologia criminale, Torino, Fratelli Bocca, 1893.
- Grafologia, Hoepli, Milano, 1895.
- La donna criminale, 1895.
- Nuovi studii sul genio, Milano-Palermo, Sandron, 1902.
- La donna delinquente, 1927Scritti su Lombroso:
- Emilia Musumeci, Cesare Lombroso e le neuroscienze: un parricidio mancato. Devianza, libero arbitrio, imputabilità tra antiche chimere ed inediti scenari, Milano, Franco Angeli, 2012;
- Silvano Montaldo (a cura di), Cesare Lombroso. Gli scienziati e la nuova Italia, Bologna, Il MulAino, 2011;
- Silvano Montaldo, Paolo Tappero (a cura di), Il museo di Antropologia criminale 'Cesare Lombroso', Torino, Utet, 2009;
- Silvano Montaldo, Paolo Tappero (a cura di), Cesare Lombroso cento anni dopo, Torino, Utet, 2009;
- Luigi Guarnieri, L'atlante criminale. Vita scriteriata di Cesare Lombroso, Milano, Mondadori, 2000. Milano, Rizzoli BUR, 2007. Come afferma lo stesso autore nella prefazione all'edizione del 2007, "non si tratta di una biografia di Cesare Lombroso, meno che mai di un saggio o addirittura di una monografia scientifica. Se è vero che molti dati sono ricavati dalle fonti, ce ne sono altri che sono stati manipolati, rielaborati, estrapolati, mescolati ad altri, centrifugati e riscritti". Si tratta pertanto di una biografia romanzata.
- Daniele Velo Dalbrenta, La scienza inquieta. Saggio sull'antropologia criminale di Cesare Lombroso, CEDAM, Padova, 2004;
- Mary Gibson, "Nati per il crimine; Cesare Lombroso e le origini della criminologia biologica", Milano, Mondadori, 2004;
- Delia Frigessi, Cesare Lombroso, Torino, Einaudi, 2003;
- Giorgio Colombo, La Scienza Infelice. Il museo di antropologia criminale di Cesare Lombroso, Torino, Bollati Boringhieri, 2000.
- Dario David, La vera storia del cranio di Pulcinella: le ragioni di Lombroso e le verità della fisiognomica, Napoli, Ma.gi Edizioni, 2007.
- Pierpaolo Leschiutta, Palinsesti del carcere. Cesare Lombroso e le scritture proibite, Napoli, Liguori, 1996.
- Pierluigi Baima Bollone, "Cesare Lombroso e la scoperta dell'uomo delinquente", Priuli & Verlucca, 2009
- Pierluigi Baima Bollone, "Dall'antropologia criminale alla criminologia", Giappichelli, 2003
- Pierluigi Baime Bollone, Cesare Lombroso, ovvero il principio dell'irresponsabilità, SEI, Torino, 1992
- Renzo Villa, Il deviante e i suoi segni. Lombroso e la nascita dell'antropologia criminale, Franco Angeli, Milano, 1985
- Luigi Ferrio (a cura di), Antologia lombrosiana. Pagine scelte dalle opere di Cesare Lombroso, Soc. Editrice Pavese, Pavia, 1962(Contributo On-line)
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