La prosopagnosia o prosopoagnosia è un deficit percettivo acquisito o congenito del sistema nervoso centrale che impedisce ai soggetti che ne vengono colpiti di riconoscere correttamente i volti delle persone; può presentarsi in forma pura o associata ad agnosia visiva, ed è causata principalmente da lesione bilaterale (o più raramente unilaterale destra) alla giunzione temporo-occipitale (giro fusiforme).
Questa
disfunzione fu studiata accuratamente nel corso del XVIII
secolo da
vari scienziati, tra cui John
Hughlings Jackson e Jean
Martin Charcot.
Il termine prosopagnosia,
che è l'unione delle parole greche πρόσωπον (prosopon,
faccia) e αγνωσία (agnosia,
non conoscenza) fu coniato nel 1947 dal
neurologo tedesco Joachim
Bodamer.
In
alcuni casi si ricorre al termine prosofenosia [senza fonte] per
indicare specificatamente la difficoltà di riconoscimento dei
volti umani in seguito al danneggiamento esteso dei
lobi occipitale e temporale.
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Descrizione
Lo
studio della prosopagnosia si è rivelato cruciale per lo sviluppo
di teorie sulla percezione
facciale.
Non essendo la prosopagnosia un disordine unitario (ovvero, persone
diverse possono mostrare tipi e livelli differenti di deficit) è
stato proposto che la percezione dei volti coinvolga un numero di
livelli, ognuno dei quali può risultare danneggiato separatamente.
Ciò si riflette non soltanto sul numero di deficit presenti ma
anche nelle differenze qualitative che una persona affetta da
prosopagnosia può mostrare.
Questo tipo di
risultati si sono rivelati cruciali nel supportare la teoria che
sostiene la presenza di un’area specifica dedicata al
riconoscimento dei volti. Fatto contro-intuitivo per molte persone,
in quanto non pensiamo ai volti come qualcosa di “speciale” o
percepito in maniera diversa rispetto al resto del mondo.
Esiste
un certo dibattito riguardo alla specificità sia della percezione
dei volti che della prosopagnosia e alcune persone sostengono che
si tratti semplicemente di una sottospecie di agnosia.
Nonostante la prosopagnosia si accompagni spesso a problemi di
riconoscimento visivo degli oggetti, sono stati riportati casi in
cui la percezione dei volti sembrava essere selettivamente
danneggiata.
La
prosopagnosia potrebbe essere un deficit generalizzato nella
comprensione di come i componenti della percezione individuale
costruiscano la struttura o gestalt di
un oggetto. In particolare, la psicologa Martha
Farah si
è fatta portavoce di questo punto di vista.
Fino
al XXI sec. si pensava che la prosopagnosia fosse un disturbo molto
raro e associato esclusivamente a danni
cerebrali o
a malattie
neurologiche riguardanti
specifiche aree del cervello. Ad ogni modo, alcuni dati
suggeriscono che potrebbe esistere una forma di prosopagnosia
congenita, per la quale alcune persone nascerebbero con un deficit
selettivo nel riconoscimento e percezione dei volti. I casi che
sono stati riportati suggeriscono che questa forma di disordine
potrebbe essere altamente variabile e alcune ricerche recenti
suggeriscono che potrebbe essere ereditabile e molto più comune di
quanto si pensasse tempo addietro (circa il 2% della popolazione
potrebbe esserne affetta).
Sottotipi di prosopagnosia
- Prosopagnosia appercettiva: si pensa sia un disordine di parte dei processi primari del sistema di percezione dei volti. Le persone che presentano questo disordine non sono assolutamente in grado di riconoscere i volti e sono incapaci di eseguire con successo giudizi tipo simile-diverso, quando vengono loro presentate immagini di diversi volti. Potrebbero inoltre non essere in grado di riconoscere attributi quali l’età o il genere della persona dal volto. Ad ogni modo, potrebbero essere in grado di riconoscere le persone basandosi su indizi non-facciali come ad esempio i vestiti, l’acconciatura dei capelli o la voce.
- Prosopagnosia associativa: si pensa essere un deficit dei collegamenti tra il processo primario di riconoscimento dei volti e quelle informazioni semantiche che riguardano le persone, conservate nella nostra memoria. Persone con questo tipo di disturbo possono essere in grado di dire se le foto dei volti delle persone sono identiche o differenti e dedurre l’età e il genere dal volto (il che suggerisce la loro capacità di riconoscere alcune informazioni del volto) ma possono non essere in grado di identificare successivamente le persone o fornire informazioni sul loro conto, come il nome, l’occupazione o l’ultima volta che le hanno incontrate. Possono essere in grado di riconoscere e produrre tali informazioni basandosi su indizi non-facciali come la voce, i capelli o anche qualche particolare caratteristico del volto (come ad esempio dei baffi particolari) che non richiedano la comprensione della struttura del volto. Tipicamente, queste persone non affermano che “i volti non hanno senso” ma che semplicemente non paiono distintivi in alcun modo.
- Prosopagnosia dello sviluppo: si pensa sia una forma di “prosopagnosia congenita” e che alcune persone nascano con un deficit selettivo nel riconoscimento e percezione dei volti. I casi riportati suggeriscono che questa forma di disordine possa essere estremamente variabile e alcuni studiosi la considerano ereditaria.
- Anche alcuni disordini dello sviluppo come l’autismo e la Sindrome di Williams presentano dei disturbi nella percezione dei volti, ma il meccanismo in base al quale ciò si verifica è tuttora sconosciuto.Riconoscimento inconscio dei volti
Un
aspetto particolarmente interessante della prosopagnosia è che
essa presenta una dissociazione tra
riconoscimento esplicito e riconoscimento implicito (covert
recognition).
Alcuni esperimenti dimostrano che se posti davanti a una serie di
volti familiari e non, le persone affette da prosopagnosia
potrebbero essere incapaci di identificare con successo le persone
rappresentate nelle immagini, o anche dare un semplice giudizio di
familiarità (“questa persona mi sembra familiare/non
familiare”). Tuttavia, quando si effettua una misurazione del
responso emotivo (tipicamente, una misurazione della risposta
psicogalvanica),
si registra una tendenza a una risposta emotiva davanti a immagini
di persone familiari, anche se non si verifica nessun
riconoscimento consapevole[1].
Ciò suggerisce che
le emozioni giocano un ruolo cruciale nel riconoscimento dei volti,
cosa che in fondo potrebbe non stupire se si considera che la
sopravvivenza (in particolare la propria sicurezza) dipende dalla
capacità di riconoscere le persone che ci circondano.
È stato quindi
ipotizzato che ci possa essere, oltre alla via per il
riconoscimento esplicito dei volti che coinvolge circuiti
occipito-temporali, una seconda via per il riconoscimento implicito
dei volti che coinvolgerebbe il sistema limbico, implicato nelle
risposte emotive.
Mentre
nella prosopoagnosia sarebbe quindi danneggiata la via del
riconoscimento esplicito ma non quella del riconoscimento
implicito, al contrario per la sindrome
di Capgras,
in cui il soggetto riconosce correttamente un volto familiare ma ha
la convinzione delirante che quella persona sia in realtà un
sosia, è stato proposto da Young [1998] che a essere danneggiata
sia la via del riconoscimento implicito (con assenza di emozioni
alla vista del volto che pure viene riconosciuto) ma non la via del
riconoscimento esplicito.
Curiosità
Si
tratta di casi come quello descritto dal neurologo
statunitense Oliver
Sacks (1985),
nel saggio L'uomo
che scambiò sua moglie per un cappello,
di un paziente che non riconosceva le facce e arrivò una volta a
scambiare la faccia della moglie per un cappello ("[...] si
guardò intorno alla ricerca del cappello. Allungò la mano e
afferrò la testa di sua moglie, cercò di sollevarla, di calzarla
in capo[...]).
Note
- ^ Bauer, R.M. (1984) Autonomic recognition of names and faces in prosopagnosia: A neuropsychological application of the guilty knowledge test. Neuropsychologia, 22, 457-469
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(Contributo on.line)